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Numero 31 gennaio 2015

 
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In principio fu la legalità

Potevano esserci tanti modi per iniziare questo articolo ma ho preferito partire dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Galati per due motivi: il primo perché vi è citato in modo chiaro la parola “Legge” e il secondo perché si cita la parola “schiavi”.

Dio mandò suo Figlio, “nato sotto la legge” per riscattare quelli che “erano sotto la legge” affinché non fossero più “schiavi” (Gal 4, 4-7).

Cominciamo con il chiarirci le idee.

Legalità significa l’essere conforme alla legge e a quanto da essa è prescritto; la parola deriva dal latino “lex, legis”. Alcuni fanno discendere la radice di “legalis” dal verbo “ligare”, legare: la Legge è ciò che ci lega, obbliga a un precetto. Altri invece dal greco “legeim”, scegliere ma anche dire, parlare, leggere; la “parola” è anche legalità, infatti dove non c’è libertà di parola non c’è legalità. La legalità infine è pietra fondamentale della “pace”.

La Legalità inoltre significa responsabilità ed è insieme “rispetto e pratica delle Leggi”. La legalità è un’esigenza fondamentale della vita sociale per promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la costruzione del bene comune.

“Un’esigenza fondamentale”: fondamentale diventa allora educare ed educarci alla legalità, o meglio alla responsabilità; la legalità non è infatti un valore in quanto tale: è l’anello che salda la responsabilità individuale alla giustizia sociale, l’“io” con il “noi”. Quindi legalità, responsabilità ed etica rappresentano un tutt’uno e chi riveste un ruolo pubblico ha doppia istanza etica, individuale e sociale.

La legalità per lungo tempo ha vissuto come sinonimo di legittimità, relegata a significare un’aderenza alle Leggi più che altro formale; oggi però ha assunto un significato più peculiare e ben più ampio. Legalità non è uniformità formale ma interiorizzazione autentica di una legge statuita per garantire l’equilibrio della società civile, il tutto nei limiti prescritti o consentiti dall’ordinamento giuridico.

Due parole anche sul termine “diritto” che rappresenta l’insieme delle norme poste dall’autorità sovrana che costituiscono l’ordinamento giuridico, nonché l’insieme dei principi codificati che fornisce ai membri della comunità regole oggettive di comportamento su cui fondare ordinata convivenza; nel termine legalità si racchiude il concetto univoco di diritto/dovere, diritto che deriva dal latino “dirictum” parola che significa dirigere composto da de-regere che vuol indicare una direzione o tracciare una via, indicare ciò che è giusto/equo.

Aver illustrato il termine legalità che racchiude quello di diritto ci è di aiuto per meglio comprendere la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 10.12.1948; dichiarazione costituita da un preambolo e da trenta articoli. Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche (principio della legalità).

Nell’invito a rifarne una lettura mi soffermerò solo su alcuni articoli che maggiormente interessano la salute e la promozione della salute.

All’art. 4 si afferma che nessun individuo può essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù (N.B.: si comprenderà il richiamo, forse provocatorio, al concetto di schiavitù citato all’inizio di questa trattazione). Ogni individuo, in quanto membro della società ha diritto alla sicurezza sociale che comprende i diritti economici, sociali e materiali (questo è contenuto nell’articolo 22 ed il concetto di sicurezza sociale emerge in modo prepotente superando l’elenco dei singoli diritti per averne una unica visione globale).

Ed ancora: ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia od altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà (ex art. 25).

Partendo dall’assunto che la salute è un diritto umano fondamentale, la Carta di Ottawa mette in evidenza alcuni prerequisiti necessari: pace, risorse economiche adeguate, il cibo e l’abitazione, un ecosistema stabile ed un uso sostenibile delle risorse. Il riconoscimento di questi prerequisiti sottolinea i complessi legami esistenti tra le condizioni economiche e sociali, l’ambiente fisico, gli stili di vita individuali e la salute. Questi legami forniscono una chiave per una comprensione olistica della salute che è fondamentale per la definizione di promozione della salute.

La promozione della salute è sì il processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e sui suoi determinati al fine di migliorarla, ma soltanto avendo presente quei valori compresi nei cosiddetti prerequisiti come ben evidenziati nella Carta di Ottawa.

E come si raggiungono pace, cibo, casa, ecosistema stabile, uso sostenibile delle risorse, salute? Attraverso il “principio della legalità” quale primo principio di promozione della salute. Tutto qui; e non è da poco, ma per non spaventarsi è opportuno raccontare una storia.

Una persona anziana, come chi scrive ad esempio, si rivolse al giurista Ulpiano (siamo nel secondo secolo d.C.) dicendo: “Non so né leggere né scrivere, come posso rispettare le Leggi ed essere in pace?” “Basta che tu rispetti questi tre principi rispose Ulpiano:
  1. Alterum non laedere (neminem laedere)
  2. Suum cuique tribuere
  3. Honeste vivere
e sicuramente vivrai in pace in quanto la “legalità” è già dentro di te”.
La storia non finisce qui, ma questa è un’altra storia.
Buon anno in pace.

Riccardo Senatore, Presidente SIPS 
Nota di redazione: il contributo è stato scritto pochi giorni prima dei tristi episodi di Parigi.
La prevenzione di genere: l'esempio dello screening colo-rettale

Il cancro del colon retto (CRC) rappresenta la quarta causa più comune di morte per neoplasia nel Mondo. In Italia, il CRC, considerata la sua diffusione, è una vera e propria malattia sociale. Per questo motivo il suo screening, ovvero il test di ricerca di sangue occulto nelle feci (RSO), è stato promosso ed offerto gratuitamente dal Sistema Sanitario, accanto a quelli per il carcinoma della mammella e della cervice uterina. Quello per il CRC è l'unico screening per patologie oncologiche che può determinare una riduzione del rischio di morte di proporzioni simili in entrambi i sessi, con procedure identiche; quindi si tratta di un contesto importante per analizzare le differenze di genere nella prevenzione delle malattie.

Sia lo screening del carcinoma della mammella che il pap-test, in Italia, hanno riscosso un grande successo anche grazie alle campagne d’informazione del Ministero della Salute. Non altrettanto può dirsi per lo screening colo-rettale. Alcuni studi segnalano che l’adesione delle donne allo screening per il CRC è inferiore a quella per il carcinoma della mammella (ciò è giustificabile con il fatto che è la neoplasia più diffusa tra le donne) e per la cervice uterina, ipotizzando che una causa di ciò possa essere la “sindrome del bikini”. Con tale definizione s’intende un approccio settoriale e limitante, che prende in considerazione non la donna come persona e, quindi, potenzialmente affetta da molteplici patologie, ma solo le sue parti più “utili” (in una visione fortemente maschilista): quelle, appunto, riproduttive e sessuali. Non a caso, quando si parla di salute della donna, anche in campo medico ci si riferisce soprattutto a patologie che riguardano la sfera riproduttiva; questo porta ad ignorare o a sottovalutare patologie epidemiologicamente più rilevanti, come le malattie cardiovascolari ed i tumori, come quello colo-rettale. Analizzando la letteratura scientifica, risulta evidente che il rischio di CRC viene ampiamente sottovalutato dalle donne, le quali tendono a considerarla una neoplasia “maschile”; questa, accanto alla mancanza di raccomandazioni da parte del Medico di Medicina Generale, risulta essere il principale motivo per cui le donne non partecipano allo screening per il CRC.

Le disuguaglianze di genere possono dar luogo a disparità anche per quanto riguarda l’accesso alle cure sanitarie. Di questo si rese conto la cardiologa Bernardine Healy che, nel 1991, a capo dell’Istituto Nazionale di Salute Pubblica statunitense, pubblicò l’articolo “The Yentl Syndrome” nel quale metteva sotto accusa l’atteggiamento dei cardiologi nei confronti delle pazienti di sesso femminile, che mostravano un ritardo ed una peggior prognosi una volta colpite da infarto (perché i sintomi dell’ischemia, diversi da quelli “tipici” insegnati nelle Scuole di Medicina e pubblicizzati dai media, non venivano altrettanto prontamente riconosciuti). Il nome fu preso in prestito da uno dei più bei racconti di Singer, dove Yentl, la protagonista, è una ragazza ebrea che desidera studiare la Torah ma, non essendo consentito alle donne di frequentare la Yeshiva (le scuole dove si studiano le scritture) è costretta a travestirsi da uomo per coronare il suo sogno. Con il termine di “Sindrome di Yentl”, in Medicina si intende dunque la possibilità che le strategie diagnostiche e terapeutiche non siano offerte in maniera simile agli uomini e alle donne.

La Medicina di Genere si dedica a scoprire e ad analizzare le differenze derivanti dal genere di appartenenza sotto molteplici aspetti: dall’anatomia alla fisiologia, dalla psicologia alle cure farmacologiche e chirurgiche e le differenze di genere iniziano ad essere considerate nell’elaborazione delle strategie di prevenzione e di cura.

Ad oggi non esistono linee guida differenziate in base al genere per la diagnosi e la cura del carcinoma colo-rettale ma, sulla base delle precedenti considerazioni, è necessario al più presto rimodulare le esistenti campagne di educazione sanitaria, modellandole sulle differenze di genere. Per far questo è necessario un particolare impegno culturale ed organizzativo in modo che il miglioramento della salute delle donne diventi di stimolo per il miglioramento delle condizioni generali di vita di tutti.

Gloria Bocci – Socia SIPS, Delegazione Toscana
 

Promozione della cultura degli screening oncologici

Una specifica analisi condotta nella provincia di Palermo ha permesso di individuare le principali criticità degli screening oncologici.
Prima tra tutte la bassa adesione agli screening, in particolare al sof -test.
      
Al fine di ottenere  una più alta adesione agli screening , data l’importanza della prevenzione in campo oncologico e alla luce dei risultati forniti dalla letteratura scientifica, si è messo a punto un innovativo modello da applicare agli screening oncologici.
Il modello, proposto, denominato “ modello comunitario”, vuole dare risposte alle criticità emerse, intervenendo principalmente per :
 
Migliorare l’ attuale modello organizzativo 
Promuovere “capillarmente” nel territorio provinciale la cultura dello screening (avvalendosi delle UU.OO. di Educazione Promozione della Salute presenti in tutti i Distretti Sanitari) 
E’auspicabile che questo modello venga sperimentato, in pochi distretti sanitari pilota, a partire dallo screening del K colon-retto che ha il più basso livello di adesione.
Individuati i Distretti Sanitari e ottenute le adesioni dai Direttori distrettuali, si concorderà un piano operativo locale (P.O.L.) che tenga conto delle risorse e dei vincoli presenti, rilevati dalle UU.OO. di Educazione Promozione della Salute Distrettuali.
Le attività previste verranno attuate in un singolo comune (quando saranno terminate le attività in questo,  si passerà a un altro comune del distretto) secondo il cronoprogramma del P.O. L. precedentemente predisposto.
La Direzione del Distretto Sanitario dopo aver individuato le modalità operative locali più funzionali, con particolare riferimento alla distribuzione e alla raccolta delle “provette” per il sof test ( farmacie, distributore automatico, operatore del distretto sanitario con eventuali supporto da parte dell’associazionismo, enti locali, ecc), affiderà alla UOEPSD  competente per territorio, la parte riguardante la costituzione/rafforzamento della rete comunitaria, secondo i principi OMS della promozione della salute.
La rete costituisce la base per trasmettere le informazioni e per sensibilizzare la popolazione, di quel target in particolare.  Nodi “strategici” della rete sono da individuati nei :
MMG, PLS, enti locali, farmacie, centri di aggregazione quali parrocchie e centri sociali, e nelle associazioni di volontariato.
Anche i “semplici” cittadini sensibili alla tematica prevenzione, però, possono essere coinvolti aderendo alla rete tramite sottoscrizione di una specifica “carta degli impegni” .
La modalità di comunicazione che verrà privilegiata, perché più efficace secondo la letteratura, è il “passaparola”.
 
SINTESI  delle fasi dell’intervento  (durata ipotizzata 1 mese)
 
(da dettagliare successivamente in pacchetti di attività (WBS), nel diagramma reticolare  e nel diagramma di Gantt):
 
  • individuazione comune del D.S.;
  • creazione/potenziamento rete comunale finalizzata alla promozione della salute;
  • informazione e sensibilizzazione della popolazione target residente nel comune;
  • invio/ricezione delle lettere di invito al target;
  • accesso ad un punto di distribuzione comunale ( in date e orari precedentemente comunicati) o ad una farmacia per la presa in carico della provetta;
  • caricamento e codifica dei dati anagrafici da parte dell’operatore addestrato;
  • consegna della provetta;
  • ritiro, in date e orari precedentemente comunicati, della provetta;
  • trasporto e consegna al laboratorio individuato per la lettura;
  • comunicazione dell’esito del test. 
 
Questo modello, dopo la necessaria sperimentazione nei Distretti pilota, può essere utilizzato per tutti e tre gli screening oncologici, possibilmente facendo coincidere i tempi di effettuazione (contemporaneità dei tre screening) in ambito comunale. Per esempio proponendo in ogni singolo comune del D. S. “ la Settimana  comunale della Prevenzione Oncologica” che consentirebbe, grazie al modello proposto, di coniugare efficacia ed efficienza, contribuendo  a creare delle “Comunità Competenti” .


Filippo La Mantia – Socio SIPS, Delegazione Sicilia

 

Documentazione e promozione della salute

Idee ed energie per il futuro

La legalità, la prevenzione, la promozione della salute, la formazione e l'educazione stessa hanno senso se riescono a far circolare idee ed energie che permettano di oltrepassare gli interessi dei singoli e di accrescere in ogni individuo il desiderio di una consapevole e responsabile partecipazione ad un progetto comune di vita sociale.

Modalità significative di cooperazione e di solidarietà umana sollecitano le leggi, i servizi pubblici e privati, le attività socio-sanitarie, gli orientamenti educativi, gli stessi rapporti sociali affinché assicurino forme nuove di presenza umana nel mondo e di protagonismo personale nella vita di ogni giorno.

Occorre uno sforzo collettivo per facilitare l'avvicinamento tra le persone e la condivisione di valori comuni. Il benessere soggettivo delle persone dipende dalla qualità delle relazioni sociali, piuttosto che dalla accumulazione di merci e dai consumi. La felicità non ha mai una dimensione esclusivamente individuale. È dimostrato che l'uomo ha bisogno anzitutto di legami sociali e la distruzione di tali legami può portare alla disperazione e al suicidio.

Si tratta di operare concretamente per porre le basi di una riflessione sul senso e la direzione di questo mondo in cambiamento. In questo caso “umanesimo e mondializzazione” diventano i temi di una prospettiva sociale ed educativa capace di forgiare e consolidare il significato dell'interdipendenza individuale e costruire così un avvenire senza l'emarginazione dell'uomo da parte dell'uomo.


Bibliografia

Delors J., Nell'educazione un tesoro, Rapporto dell'UNESCO della Commissione Internazionale sull'educazione per il Ventunesimo Secolo, Roma, Armando, 1996;

Morin E., I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Milano, Raffaello Cortina, 2001;

Bauman Z., Modernità e globalizzazione, intervista di Giuliano Battiston, Roma, Edizioni dell'Asino, 2009;

Bossio F., Fondamenti di pedagogia interculturale. Itinerari educativi tra identità alterità e riconoscimento, Roma, Armando, 2012;

Latouche S., L'economia è una menzogna, Torino, Bollati Boringhieri, 2014. 


di Antonio De Angeli. Socio fondatore SIPS


Evidenziamoli

Abstract presentati che meritano maggiore attenzione

Educare alla responsabilità attraverso il “codice rosa”.

L’esperienza della ASL9 di Grosseto nella promozione di uno stile di vita non violento

Vittoria Doretti, Luisella Marianelli, Maria Concetta Noviello, Luana Lenzi, Claudio Pagliara

ASL9 Grosseto

v.doretti@usl9.toscana.it


Gli interventi realizzati negli anni dalla ASL9 di Grosseto nel campo della educazione e promozione della salute in ambito scolastico hanno dimostrato come una strategia centrata sia sulla pratica di metodi attivi quali LSE e PE sia sullo sviluppo di potenzialità e competenze risulti efficace ad innescare una partecipazione autentica dei ragazzi rendendoli protagonisti di azioni che riguardano il loro ben-essere. In tale sistema di lavoro gli insegnanti rappresentano figure chiave con ruolo di “facilitatori” nella relazione quotidiana coi propri studenti. Si tratta di un processo dinamico e sempre diverso entro cui l’educazione deve continuamente definirsi, in relazione al tempo culturale e alla specificità dell’individuo con cui interagisce. Su questa base quando, nel 2010, nella struttura di Educazione alla Salute è stato compreso il Centro di Coordinamento Vittime di Violenza - Task Force ed è nato il progetto “Codice Rosa”, è parso “naturale” adottare il modus operandi proprio dell’educazione alla salute, anche in tale ambito. La promozione di uno stile di vita non violento e la tutela di fasce deboli della popolazione, infatti, trova senso proprio nelle attività dei due settori che convergono verso obiettivi comuni di maturazione dell’identità, conquista di autonomia e crescita di responsabilità fin dall’età evolutiva. La formazione degli insegnanti, il supporto degli operatori ASL, gli interventi su gruppi classe hanno costituito i punti di forza su cui si è costruita una rete ed innescato uno straordinario “effetto domino” che dalla Scuola si è propagato all’esterno, coinvolgendo tutta la popolazione.

Porre l’attenzione su dinamiche comunicative e relazionali e la promozione di skills ha favorito nei partecipanti la riflessione sui temi dell’accoglienza e della responsabilità a partire dal concetto che ciascuno, come cittadino, nell’ottica di sana convivenza sociale, riveste quotidianamente più ruoli (genitore, insegnante, studente, amico, ecc.) e in ciascuno si confronta con la complessità di problemi, tra questi quello della violenza. Per contrastare tale emergenza il lavoro di EaS si intreccia con quello della TF per sensibilizzare e motivare gli interlocutori ad osservare, con sguardo più attento, la realtà (riconoscere eventuali segni di violenza, aiutare le “vittime” a non rimanere in silenzio). Da qui l’addestramento di vere e proprie “sentinelle” anche nella Scuola puntando ad un profondo coinvolgimento che trova senso nella percezione che ognuno ha di poter contribuire a costruire un modello di società consapevole e rispettosa dei diritti, capace di farsi carico anche di situazioni difficili.
 
Concorso Nazionale letterario "Mi nutro di parole".

Segnaliamo un interessante concorso letterario.


Mi nutro di parole si rivolge a coloro che stanno vivendo, in prima persona e non, il disagio dei disturbi del comportamento alimentare. La premiazione e la presentazione del libro che raccoglierà, anche in forma anonima, le tre Opere vincitrici e quelle selezionate per la pubblicazione avverrà nell'ambito del 15 Marzo 2015 - Quarta Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla

La scrittura può essere intesa anche come forma di aiuto, una sorta di “levatrice”, per usare una definizione del filosofo Duccio Demetrio, che rimette al mondo aiutando a far chiarezza dentro sé stessi e ad affrontare un disagio o un dolore, come quello che stanno vivendo coloro che soffrono di disturbi del comportamento alimentare e i loro familiari.

“Mi nutro di parole per iniziare nuovamente a nutrirmi di vita, scrivendo le mie esperienze di sofferenza, cercando di dare ordine alle sensazioni contrastanti che opprimono il mio cuore attraverso la narrazione di cosa sto vivendo. Senza temere lo sguardo dell'interlocutore. Lasciarmi andare al fiume di parole che rompe gli argini del mio essere per liberarsi su un foglio e liberarmi da un peso. La scrittura autobiografica può costituire un aiuto per ricominciare, per mettere un punto fermo su ciò che è stato, per non dover dire sempre domani, domani mi impegnerò a riemergere. Poter rileggere quello che ho scritto e, specchiandomi in tanto dolore, urlare mai più oppure, riflettendomi nelle parole di un altro, comprendere che non sono sola in questo cammino di rinascita.”
Ilaria Caprioglio (scrittrice)

REGOLAMENTO. Al concorso, gratuito, si può partecipare con racconti originali, inediti e di esclusiva proprietà intellettuale dell’Autore. Una copia del racconto deve essere inviata all’indirizzo di posta elettronica minutrodivitalilla@gmail.com indicando nome e cognome, indirizzo di residenza, codice fiscale e recapito telefonico, nonché la seguente dichiarazione firmata in calce: “Io sottoscritto… Autore del racconto… dichiaro di avere la piena disponibilità dell’opera in oggetto e di avere piena titolarità di tutti i diritti morali e patrimoniali inerenti alla stessa”. I lavori non devono superare la lunghezza massima di 4 cartelle o pagine (30 righe per 60 battute, pari a circa 1800 caratteri, spazi inclusi, per cartella). I racconti che partecipano al Concorso devono essere inediti, pena l’esclusione e sono valutati da un’apposita commissione. I racconti dovranno essere inviati entro il 15 gennaio 2015.
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