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Numero 42 gennaio 2016

 
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La promozione della salute a livello globale e gli obiettivi dello sviluppo sostenibile

 
La Conferenza sulla Promozione della Salute a Shanghai
Nel novembre 2016 si terrà a Shanghai (Cina) la 9° Conferenza Mondiale sulla Promozione della Salute. La conferenza, organizzata ogni tre-quattro anni in varie parti del mondo dall’OMS insieme al governo ospitante,  quest’anno “aggancia” le strategie di promozione della salute agli obiettivi di sviluppo sostenibile – i cosiddetti Sustainable Development  Goals (SDGs), adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2015.
L’evento di Shanghai ha un significato particolare per tutti coloro che si occupano di salute e benessere perchè celebra il 30° anniversario della prima conferenza sulla promozione della salute tenutasi ad Ottawa nel 1986, e della famosa Ottawa Charter[1]. Queste conferenze internazionali si prefiggono di consolidare le evidenze scientifiche e di estendere le conoscenze teoriche e pratiche sulla promozione della salute a tutti i livelli: comunità locali, regioni, paesi e globalmente. Ciò richiede il coinvolgimento di vari stakeholders, non solo quindi politici e rappresentanti dei governi nazionali, ma anche istituzioni accademiche e di ricerca, organizzazioni non governative, associazioni, e rappresentanti della società civile. L’ultimate goal è quello di conquistare una posizione di rilievo per la salute e lo sviluppo sostenibile nell’agenda politica e sociale ad ogni livello di governance.

Cosa sono gli obiettivi di sviluppo sostenibile
Ma cosa sono gli SDGs? I nuovi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (2016-2030) intendono porre fine alla povertà,  alla fame ed alle inguaglianze, intraprendere azioni  concrete nei confronti dei cambiamenti climatici e dell’ambiente, migliorare l’accesso alla salute e all’istruzione, costruire solide istituzioni ed una  partnership globale per uno sviluppo sostenibile, e promuovere la pace e la giustizia[2]  (Figura 1).

Gli SDGs si basano sugli obiettivi del millennio (2000-2015) o Millennium Development Goals (MDGs) che terminano appunto alla fine del 2015, ma sono molto più ambizionsi dei precedenti  in quanto vogliono ad esempio eliminare piuttosto che ridurre la povertà e la fame, e includono target più impegnativi sulla salute, l’istruzione e l’eguaglianza di genere. Inoltre sono universali, cioè si applicano a tutti i paesi  (e non solo a quelli a basso reddito) e a tutte le persone. Infine, comprendono argomenti che non erano presenti nei MDGs quali i cambiamenti climatici, il consumo sostenibile, l’innovazione e l’importanza della pace e della giustizia per tutti.
L’obiettivo di  garantire una vita sana e promuovere il benessere per tutti ed a tutte le età, è uno degli SDGs, e precisamente il numero 3. Qualcuno ha fatto notare che mentre 3 degli 8 MDGs riguardavano specificamente la salute (il 3: ridurre la mortalità infantile, il 4: migliorare la salute materna ed il 5: combattere l’HIV/AIDS, la malaria ed altre malattie), solo un SDG (SDG3) è finalizzato a migliorare la salute ed il benessere. In realtà,  va considerato che tutti e tre gli obiettivi di salute dei MDGs sono ora compresi nel SDG3 ed a questi si aggiunge un elemento molto importante, cioè la lotta alle malattie croniche e ai disordini mentali.
Inoltre,  ad una più attenta analisi degli obiettivi e dei 169 target, si rileva che la maggior parte dei 17 obiettivi sono in realtà dei determinanti della salute di tipo sociale, economico ed ambientale. Per esempio, eradicare definitivamente la povertà, migliorare la nutrizione e la sicurezza alimentare, assicurare un’istruzione di qualità, raggiungere un’eguaglianza di genere, garantire a tutti l’accesso all’acqua potabile, sostenere la crescita economica e l’occupazione, e creare città sicure e resilienti, contribuiranno indubbiamente a migliorare la salute ed il benessere. Anzi, recentemente la dottoressa Margaret Chan, Direttore Generale dell’OMS,  ha dichiarato che il l’obiettivo per una buona salute è presente, anche se non esplicitamente, in ben 13 goal, oltre naturalmente al numero 3. D’altra parte, se prendiamo ad esempio  uno dei target di SDG3 – ottenere l’assistenza sanitaria per tutti, questo risulterà utile per contribuire a ridurre la povertà e le ineguaglianze tra ed all’interno dei paesi, e per rendere le città e gli insediamenti umani sicuri ed inclusivi.

L’obiettivo finale
La Conferenza di Shanghai rappresenta quindi una grande opportunità per riaffermare l’importanza della promozione della salute nel migliorare e rendere più equa la salute. È anche l’occasione per  fornire assistenza ai paesi nell’applicazione pratica dei concetti cardine della promozione della salute e dei metodi per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. È in sostanza il volano per mobilizzare le comunità e l’impegno a livello politico per garantire una salute veramente per tutti, attraverso proprio gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Lo slogan della Conferenza riassume perfettamente questi scopi: “Health for All and All for Health”, cioè salute per tutti e tutti per la salute.
 

Figura 1. I 17 obiettivi di svilupppo sostenibile (fonte: United Nations Development Programme)
 
[2] http://www.undp.org/content/undp/en/home/mdgoverview.html


Flavio Lirussi - Componente Comitato Scientifico SIPS 
 

Dalla comunicazione patriarcale all'autoconsapevolezza - Parte seconda

Il primo passo per una buona comunicazione è il superamento del nostro egocentrismo: molto spesso ci rapportiamo all’altro pensando che questo abbia la nostra stessa visione del mondo, abbia i nostri stessi codici, dia alle parole il nostro stesso significato, provi le nostre stesse emozioni, abbia le nostre stesse idee su ciò che è giusto e sbagliato, abbia le nostre speranze, paure, abbia il nostro stesso modo di stare nel mondo. Pensiamo che il nostro punto di vista corrisponda alla realtà stessa! «Il riconoscimento della differenza è la ragione e il fondamento della comunicazione. Se non ci si riconosce come diversi non c’è bisogno di comunicare e non si incomincia neppure a farlo. Si comunica, invece quando si cerca di mettere insieme e di rendere trasparenti le proprie differenze» (A. Melucci, 1994)
La comunicazione parte dall’ascolto, perché solo così si può conoscere i bisogni dell’altro. L’arte dell’ascolto richiede attenzione, interesse, curiosità e grande impegno ed è basata sul tentativo di addentrarsi nello stato d’animo dell’altro focalizzandosi sul contenuto cognitivo ed emotivo del messaggio. L’ascolto coinvolge tutti i canali sensoriali e tutti i codici, i livelli e i segnali presenti nel processo comunicativo, siano essi intenzionali o meno. Si tratta di ascoltare ciò che l’altro dice, come lo fa o non lo fa, si tratta di osservare e capire quello che accade “dietro le quinte": quali emozioni si muovono in noi e nell’altro, quali sono i reali obiettivi della comunicazione, quali ruoli e maschere vengono rappresentati e chi c’è veramente dietro le apparenze.
Condizione essenziale per entrare in contatto con l’altro è la conoscenza della nostra esperienza interna. La comunicazione con gli altri inizia dentro di noi, dalla comunicazione con noi stessi, dall’ascolto di ciò che il nostro corpo, le nostre emozioni, il nostro essere globale continuamente ci comunicano. Dentro di noi ci sono un sacco di cose in comunicazione ed è buona cosa, prima di interagire con l’esterno, sapere quali sono i nostri processi interni. La nostra soggettività influisce sulla lettura della realtà. Il riconoscimento è il punto di partenza.
L’autoconsapevolezza è la base essenziale della comunicazione. Se non so prestare attenzione a me stesso, se non so sentirmi, se non sono capace di capirmi, come posso entrare nell’universo esistenziale dell’altro e comprenderne il significato? Tanto più sono consapevole delle mie emozioni, tanto più sarò abile a leggere i sentimenti dell’altro. L’abilità di sentire gli sconfinati orizzonti emozionali dell’altro, senza perdersi o rischiare di annegare nelle sue emozioni, prende il nome di Empàtheia, (“sentire dentro”). L’empatia costituisce uno “strumento” fondamentale della dimensione comunicativa perché permette di mettersi nei panni dell’altro, di sentire eventuali risonanze con le nostre emozioni e situazioni, mantenendo la lucidità e la consapevolezza dei confini tra la nostra identità personale e quella dell’altro. Attraverso la comunicazione l’essere umano si apre alla relazione e se la qualità delle nostre relazioni influisce in modo profondo sul nostro benessere e sulla realizzazione esistenziale di ciascuno di noi, l’abilità di saper comunicare è un ingrediente essenziale. Alla base di relazioni autentiche c’è una comunicazione efficace, in cui possiamo esprimere le nostre idee, i nostri sentimenti, i nostri bisogni, in cui possiamo portare fuori il nostro mondo interiore e allo stesso tempo ascoltare il mondo dell’altro al fine di arrivare ad un “noi” condiviso.


Psicologa - psicoterapeuta
Martina Fondi - Socia SIPS Toscana
 
Le rubriche

Documentazione e promozione della salute
Emozioni e salute

L'educazione socio-affettiva rafforza le competenze emotive, sociali, relazionali, cognitive, morali degli individui e contribuisce in maniera determinante alla promozione della salute personale e comunitaria.
Si attua nei luoghi e nei tempi in cui le persone vivono, riflettono, operano, curano, apprendono, amano, giocano, si alimentano, si divertono, acquisiscono beni e servizi, prendono decisioni, lavorano, in una parola, nel qui ed ora della propria esperienza di vita.
Ne derivano competenze che permettono di usare nella quotidianità il linguaggio delle emozioni, riuscendo in particolare a cogliere e a sfruttare con maggiore facilità quelle situazioni che, specialmente nei contesti globalizzati urbani e nelle periferie, offrono al momento spunti e richieste di comunicazione, di approfondimento, di comprensione, di ascolto, di coinvolgimento, di valutazione.
Fin dalla nascita l'individuo ha il diritto alla propria libertà e il diritto a cercare la propria felicità, ma ha anche il dovere di appartenere a una famiglia, a un gruppo sociale, ad una organizzazione, di essere partecipe e attivo della comunità.
La ricerca creativa di nuovi strumenti comunicativi e di nuove e personali modalità di relazione è la prova tangibile di un investimento finalizzato al benessere da realizzare insieme agli altri e, in tale prospettiva, al cambiamento del proprio stile di vita.


Bibliografia
Goleman D., Focus. Perché fare attenzione ci rende migliori e più felici, Milano, Rizzoli, 2013;
Cardano M., La ricerca qualitativa, Bologna, Il Mulino, 2011;
Greenberg M.T., Weissberg R.P., Emozioni per l'uso, Bari, La Meridiana, 2009;
Bruner J., La mente a più dimensioni, Bari-Roma, Gius. Laterza & Figli, 1997;
Zolla E., Lo stupore infantile, Milano, Adelphi Edizioni, 1994.


di Antonio De Angeli. Socio fondatore SIPS

 
Parliamo di resilienza

I fattori individuali di resilienza

In una interessante trattazione sulla promozione della resilienza nei militari (Meredith, 2011) viene proposta un’accurata revisione della letteratura sull’argomento e sono analizzati nel dettaglio i fattori che promuovono la resilienza. Sono stati individuati fattori di livello individuale, familiare, di unità (o team per gli ambienti civili) e di comunità.
A livello individuale la review ha isolato sette fattori: coping positivo, sentimenti positivi, pensiero positivo, realismo, controllo comportamentale, attività fisica e altruismo.
 
Il coping positivo è definito come il processo per gestire le circostanze difficili utilizzando energie per risolvere i problemi personali ed interpersonali e cercando aiuti per ridurre o tollerare lo stress e i conflitti. La letteratura, esaminando il ruolo del coping positivo individuale in risposta a situazioni di stress, indica che l’approccio mediante problem-solving è efficace per migliorare l’abilità nel ridurre o tollerare lo stress o i conflitti. Tecniche di coping efficaci possono includere la rivalutazione delle situazioni difficili mediante una delle tre prospettive: pragmatica, centrata sul problema o spirituale.
 
Un altro fattore importante di resilienza a livello individuale è rappresentato dal sentimento positivo (positive affect) che è definito come capacità di mantenere una visione ottimistica. Gli approcci che incoraggiano le persone a mantenere la speranza, conservare una prospettiva positiva, o trattare lo stress parlandone e cercando il lato “divertente” della situazione (quando ciò può essere appropriato alle circostanze) aiutano ad abbassare la tensione. Il sentimento positivo comprende la sensazione di entusiasmo, attività e allerta ed emozioni positive come l’ottimismo e il senso dell’umorismo (capacità di di affrontare lo stress e le sfide con humor), ma anche speranza e adattabilità al cambiamento. Il sentimento positivo può giungere alla capacità di recuperare da esperienze negative e stressanti fino a trovare un significato positivo nelle esperienze avverse (serendipità).
 
Il pensiero positivo è qui definito come la capacità di elaborazione delle informazioni, applicando le conoscenze, e cambiando le preferenze attraverso la ristrutturazione, reframing positivo, dando un senso ad una situazione con flessibilità, rivalutazione, rifocalizzazione, avendo aspettative di risultato positive, prospettiva positiva ed essendo psicologicamente preparati alla situazione stessa. La review ha trovato vari articoli che dimostrano l’efficacia di tecniche di pensiero positivo nell’aumentare la resilienza rifocalizzando e reinquadrando la situazione in modo più positivo e costruttivo.
 
Il realismo è caratterizzato dalla padronanza realistica di ciò che è possibile e di ciò per cui è possibile aspettarsi un risultato positivo. È connotato dall’autostima, dall’autovalorizzazione, fiducia, autoefficacia, percezione di ciò che è controllabile e di ciò che non lo è (locus of control interno). Insegnare alle persone come arrivare ad una visione realistica della loro situazione è un’altra strategia basata sulle evidenze per promuovere resilienza.
 
Il controllo comportamentale è definito come il processo di monitoraggio, valutazione e modificazioni della reazioni mirate alla realizzazione dell’obiettivo (es. autoregolazione, autoefficacia, autorinforzo). Specifiche strategie di controllo comportamentale, come per esempio l’autorinforzo, sono state correlate con minor effetti del disturbo post traumatico da stress.
 
L’attività fisica è intesa come capacità del corpo di funzionare in modo efficiente ed efficace nei vari ambiti di vita.
 
L'altruismo, invece, è inteso come preoccupazione disinteressata verso i problemi altrui, motivazione ad aiutare senza nessuna ricompensa. Questo fattore è stato introdotto su suggerimento degli esperti non esistendo lavori che abbiano indagato la sua efficacia nel promuovere la resilienza.
 
Nei prossimi numeri della newsletter presenteremo i fattori di livello familiare, di team e di comunità.


Bibliografia

Meredith, Lisa S., Cathy D. Sherbourne, Sarah J. Gaillot, Lydia Hansell, Hans V. Ritschard, Andrew M. Parker and Glenda Wrenn. Promoting Psychological Resilience in the U.S. Military. Santa Monica, CA: RAND Corporation, 2011. http://www.rand.org/pubs/monographs/MG996.html. Also available in print form.



di Sergio Ardis. Segretario Nazionale SIPS

 


Evidenziamoli

Abstract presentati che meritano maggiore attenzione

Incontrare il corpo

Stefania Lanaro, Ingeborg Muller
ASL Savonese

stefanialanaro@yahoo.it


 
Questa storia si svolge in un centro per i disturbi alimentari, luogo d’incontro, di storie e di vita, di ricerche identitarie, di interminabili controlli sul proprio corpo, oggetto ma anche racconto di corpi in cambiamento che vogliono tornare a vivere, un luogo che inizialmente appare paradossalmente colmo di vuoto e poi si riempie di emozioni e di ricordi corporei che diventano storie. Corpi che si muovono incessantemente perché «fermarsi è pensare e pensare è stare in contatto con il proprio vuoto e la mancanza di sé. È terrore». E poi c’è un piccolo spazio, di ricerca personale, di psicomotricità, lo spazio del lunedì pomeriggio, momento in cui il corpo può prendere vita e può provare a tornare un corpo soggetto del mondo, in quel luogo, illuminato dalle luci soffuse delle candele, si possono cominciare a creare delle crepe nell’ossessione della perfezione irraggiungibile che nasconde e rende momentaneamente meno doloroso il vuoto. Il dispositivo è quello psicomotorio, i principi sono quelli della Pratica Psicomotoria di Aucouturier, osservare, partecipare, giocare per, e soprattutto esserci come “Altro” simbolico, come sostituto del caregiver primario, esserci profondamente, sentire con la pancia non solo ascoltare le parole, proporsi come altro significativo. Il dispositivo è il setting, le regole, l’ascolto e la gestione del setting nel tempo e nello spazio, è la creazione di un ambiente che favorisca il desiderio di crescere. È il dispositivo che deve poter permettere il desiderio, che garantisce la sicurezza, che permette la messa in gioco del Sé, che permette di vedere la paura, di guardarla e di poterla vivere, di sentirla meno distruttiva, di poter riconoscere il proprio muro e di raccontarlo.

Raccontare per poter creare distanza, l’obiettivo è decentrarsi, vedere e riconoscere per poterci lavorare sopra, il dispositivo permette di vivere il proprio vuoto pieno di paure, nella sicurezza di poter vivere quello che in quel momento, nel qui ed ora è possibile, nulla di più del “proprio possibile”.

È lo spazio in cui il mio corpo soggetto si incontra con altri corpi soggetti in un dialogo fatto di sguardi, di avvicinamenti e di lontananze, di spazi e di separazioni, persone che parlano della loro storia senza pronunciare parola, è uno spazio in cui la paura, la speranza, il passato e il futuro si possono giocare simbolicamente. Lavorare il corpo è il lavoro della malattia, la modificazione, il controllo, il possesso dell’oggetto, è il percorso fatto sino al momento in cui la malattia viene vista come una difficoltà, quando la luna di miele con il disturbo giunge al suo capolinea, lavorare sul corpo presuppone l’agire dell’altro su un corpo che è ancora sull’allerta, che ha paura di sentire il vuoto ma prova a fidarsi e lavorare col corpo è l’emozione, lasciarsi vivere, aprirsi al dolore e allo star bene, accettare la mezza misura, che non vuol dire non sperare più nella felicità, ma piuttosto godere dei piccoli passi di benessere. Giocare il corpo permette di viverlo senza la colpa, perché è un fare finta, è il gioco del lupo del bambino piccolo, che permette di prendere le distanze e di poter vivere l’aggressività sentendosi buoni, è il gioco della rabbia, della paura e della loro espressione, è un mettere delle parole e potersene allontanare; è un adulto che può permettersi di giocare a fare e rifare il bambino che era, è un ragazzo che può far finta di essere quello che sarà. Tutto questo è comunicare, dirsi delle cose per poter condividere le paure e le gioie e costruire. É la storia del percorso di un gruppo che attraverso il corpo scopre, sperimenta e prova faticosamente a sperimentare il passaggio tra il «lavorare il corpo a lavorare con il corpo» e che forse riesce anche a ritrovare il piacere di muoversi, di sentire, di raccontare attraverso il gesto. Il percorso del lavoro è quello del far parlare i corpi e lavorare con i corpi. Non è per niente semplice perché è mettere in discussione tutto, a partire dal proprio sentire che comunica con altri modi di sentire, impauriti e sfiduciati, per arrivare ad affrontare le proprie insicurezze che diventano un terreno su cui giocare le insicurezze del gruppo, perché riuscire ad accettare le opinioni di corpi in difficoltà vuol dire ascoltare e ammettere di non aver mai provato nulla di simile, quindi, lavorare con il corpo vuol dire anche mettere il proprio corpo a disposizione e permettersi di ascoltare quel vuoto. É un lavoro fatto con il corpo “leib”, è l’esperienza del corpo, un percorso non uno stato, è il percorso del conduttore che incontra il gruppo e del gruppo che coinvolge, che insegna al conduttore, è “il gruppo” che percorre la via che permette l’espressione del desiderio, del bisogno, dell’essere.

 
Il testo è contenuto negli atti del meeting nazionale "La promozione della salute in tutte le politiche e professioni" Vaglio Basilicata 4-5 settembre 2015

Call for abstract

Giornate di studio

Strategie e modelli educativi per la promozione del benessere
Prima edizione, Salerno - Sede universitaria di Fisciano

22 aprile 2016
 
Le delegazioni regionali  SIPS della Campania, Basilicata e Lazio organizzano una giornata di studio sul tema della promozione della salute in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e della Formazione dell’Università degli Studi di Salerno, al fine di creare un’occasione di incontro e di confronto sui modelli educativi che possano valorizzare al meglio sia l’aspetto teorico, a partire dai postulati della Carta di Ottawa, sia l’aspetto delle azioni messe in atto concretamente sul territorio.
Il documento di Ottawa in realtà mette bene in chiaro il significato della promozione della salute, le strategie, le azioni, la valenza e la interdipendenza con le scelte politiche della società civile, l’interdisciplinarietà e la necessità delle interazioni di diverse professionalità e del coinvolgimento del singolo individuo per assicurare il controllo del livello di salute e la costruzione di un ambiente ad essa favorevole.
L’operatore che promuove salute può adottare modelli di intervento variabili in relazione agli obiettivi da raggiungere, il target ed il contesto di riferimento sulla scorta della propria esperienza e sensibilità secondo l’applicazione di diversi modelli pedagogico-formativi che saranno messi a confronto e condividisi nella giornata di studio.
Punto di riferimento è il Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018, che prevede le seguenti priorità:

  • investire sul benessere dei giovani promuovendo un approccio olistico, basato su un forte impegno formativo e di empowerment, al fine della promozione di una crescita responsabile e consapevole attraverso l’adozione di stili di vita sani e di comportamenti di rifiuto nei confronti di qualsiasi forma di dipendenza in una logica di ricerca di un benessere psicofisico ed affettivo;
  • promuovere programmi di promozione di salute basati sull’adozione consapevole di stili di vita sani e ambienti favorevoli alla salute, finalizzati a creare le condizioni per rendere facile l’adozione di comportamenti salutari;
  • promuovere programmi di intervento di promozione di salute e prevenzione finalizzati a rafforzare le capacità di resilienza.

Parole chiavi per il meeting che si terrà a Fisciano sono: processo educativo, empowerment della comunità scolastica, metodologie di didattica attiva basate sulle life skill, gruppo dei pari, adulti educatori di riferimento, resilienza.

Abstract
Gli abstract possono essere inviati entro il 15 marzo 2016 utilizzando il seguente link
https://form.jotform.com/drardis/abstracti-salerno

Iscrizioni
Il meeting è gratuito e riservato ai soci SIPS in regola con il versamento della quota sociale 2016 e agli studenti dell'Università degli Studi di Salerno. Le iscrizioni saranno accettate sino ad esaurimento dei posti disponibili. Per le iscrizioni è necessario usare il seguente form.
https://form.jotform.com/drardis/fisciano-2016

ECM
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CFU
Saranno rilasciati secondo il regolamento dell'Università degli Studi di Salerno

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