Consapevolezza emotiva e gestione delle emozioni: una via per il benessere psicologico
“The only way to get out is to go thourgh”
F.S. Perls
“
Pestata dalle amiche che le hanno rotto il setto nasale a pugni e calci...”, inizia così il racconto dell’ennesima storia di violenza e bullismo tra adolescenti da parte di un noto quotidiano regionale.
Oggi capita che molti giovani stiano male ma che non sappiano dire perchè stanno male. Uno dei grossi problemi della nostra cultura è l’analfabetismo emotivo. Quando non si conosce il linguaggio emotivo, il dialogo è sostituito dal gesto. Nel mondo primitivo i conflitti venivano affrontati con i gesti e non con le parole. Il linguaggio ha permesso all’uomo di canalizzare il proprio sentire su un piano che non è solo motorio. Le parole hanno però bisogno di significati e se l’uomo non riesce a dare senso e significato ai propri vissuti psichici allora il gesto finisce per essere l’unico elemento aggregante, da cui possono originarsi comportamenti aggressivi fino al bullismo o lo stupro.
Imparare il linguaggio delle emozioni ed essere in sintonia con queste è la via del benessere psicologico. Da sempre la letteratura ha insegnato all’uomo cosa sono i sentimenti: cos’è la gioia, la noia, la disperazione, l’amore. Nella mitologia greca, l’Olimpo non è altro che una grande rappresentazione delle passioni umane: Zeus è il potere, Atena è l’intelligenza, Afrodite è la sessualità, Ares è l’aggressività. E’ necessario aiutare i giovani a “dare senso” al proprio sistema emozionale dove il fine ultimo è quello di sentire la propria esistenza come valida e degna. La capacità di riconoscere, riflettere ed esprimere i propri stati affettivi è la colonna portante affinchè ognuno di noi possa arrivare ad esprimere al meglio la propria autenticità.
Questo processo di autoconsapevolezza emozionale affonda le sue radici nella profondità del processo evolutivo della specie. Infatti le aree del cervello implicate nella genesi delle emozioni sono collocate molto più in profondità rispetto ai centri deputati al pensiero razionale, che sono presenti nelle zone neocorticali e rivestono la superficie del cervello.
Il sistema emozionale rappresenta la chiave di lettura del mondo ed entra in azione all’interno delle relazioni: ci porta fuori dai confini del nostro Io e ci mette in risonanza con il mondo delle cose e delle persone. Collega l’esperienza dell’Io con l’esperienza del mondo ed è nello scambio dialettico dell’intersoggettività che possiamo conoscere chi siamo. Nel rispecchiamento con l’altro, io conosco e riconosco le mie emozioni e se le conosco nel momento in cui arrivano non mi devastano.
Riconoscere il senso e il valore delle emozioni, ridare ad esse una dignità conoscitiva e fenomenologica, non significa negare il senso e il valore del pensiero.
La vita emozionale e la vita della ragione sono categorie conoscitive alternative ed integrative e solo nella misura in cui c’è concordanza e conciliazione fra l’una categoria e l’altra è possibile avvicinarsi ai problemi dell’esistenza senza squilibri. Non c’è pensiero che possa fare a meno di un background emozionale perché la ragione astratta, da sola, coglie solo alcuni aspetti del reale e non quelli che, indicibili e inconoscibili, fanno parte integrante del modo di vivere e di sentire di ciascuno di noi. Pascal scrive che
“il cuore ha più ragione di quanta ne abbia la ragione”. Il cuore ha le sue leggi, tuttavia noi non siamo stati educati a guardare la realtà secondo tale prospettiva. Per millenni l’uomo è stato diviso in due, sin dai tempi dell’antica Grecia, filosofi come Socrate e Aristotele hanno sostenuto il primato della mente razionale sulla mente emotiva, vissuti come due entità separate.
Quotidianamente noi proviamo emozioni che ci fanno sentire vivi ma di cui abbiamo paura. Temiamo di essere invasi e di non saper reggere la tensione che provocano e allora mettiamo in atto sottilissimi meccanismi di difesa nei confronti del nostro mondo emozionale, che abbiamo disimparato ad ascoltare, rendendo così la nostra vita davvero difficile da comprendere. Questo perché l’uomo tende a rivestire le emozioni di una connotazione morale, operando una distinzione tra sentimenti “buoni” e sentimenti “cattivi”. Ci viene insegnato che non va bene provare invidia, che non si deve aver paura, che non si deve piangere, che non ci si deve vergognare. Questa è una delle più grandi follie della nostra cultura perché ci fa credere che quello che proviamo sia sbagliato e in questa operazione disconosciamo noi stessi, così facendo perdiamo il contatto con la nostra interiorità e ciò riduce fortemente la nostra capacità di rapportarsi agli altri.
Molto spesso dimentichiamo che prima ancora di
sapere “cosa è bene” e “cosa è male” per noi,
sentiamo cosa è “bene” e cosa è “male”. Si tratta solo di avere il coraggio di fidarsi del nostro cuore. Fidarsi di noi stessi. Sentire rappresenta il processo dell’essere.
Imparare a guidare noi stessi, senza slittare sui percorsi ghiacciati dell’esistenza, richiede di andare incontro a quello che sentiamo, di riconoscerlo come proprio,”attraversarlo” ed amarlo.
“…
che sia collera o desiderio, qualsiasi passione è come un cane da guardia che diventa pericoloso se lo si tiene rinchiuso troppo a lungo, ma che non posso peraltro lasciar saltare liberamente su tutti i passanti! Per addomesticarlo, è necessario passargli spesso vicino e soprattutto farmene amico. La stessa cosa vale per ciascuna delle mie emozioni: conoscerle e amarle, e non ignorarle o strangolarle” scrive Serge Ginger.
Tenere conto del dialogo affettivo è un‘impresa che richiede grande coraggio e generosità, ma è la strada maestra per la crescita psichica. Ascoltare la musica personale, la melodia del proprio cuore nella consapevolezza che la prima relazione d’amore che dobbiamo vivere con successo è la storia d’amore con noi stessi.
Martina Fondi, psicologa, socia fondatrice SIPS
Life skills and peer education e scautismo
Una premessa storica sul modo di educare i “fanciulli”
Nella seconda metà del ventesimo secolo l’educazione, istituzionale e non, è cambiata moderando la severità nel rispettare le regole, abbandonando punizioni e mortificazioni. Un fattore influenzante è stato il diverso ruolo dei genitori nella famiglia che, abbandonando la verticalità paternalistica, ha spinto l’educazione verso una responsabilizzazione dei figli, richiedendo loro più intelligenza cognitiva. La persuasione, però, non ha sempre successo, specie in adolescenza! Il processo educativo non è stato aiutato nemmeno dai mass media. Assistiamo alla delusione di insegnanti, catechisti, istruttori di varie materie - dallo sport alla musica - che trascorrono molto tempo a “tenere la disciplina”, invece di insegnare le Discipline!
il concetto di stile negli scout
Rientrato nella capitale dopo anni trascorsi in missioni militari, Lord Baden Powell (B.P.), militare dell’esercito Britannico, notò che nei sobborghi londinesi i giovani trascorrevano molto tempo ai pub a bere, fumare e perdersi nel gioco d'azzardo. Non si impegnavano a muoversi e giocare e, se si occupavamo di sport, se ne rimanevano agli spalti a guardare gli altri sfidarsi, professionisti pagati, per giunta!
Per B. P. scandalizzato e attento all'importanza di una vita fisica e spirituale sana, fu un profondo dispiacere, tant'è che il governo inglese, quando egli propose di coinvolgere i giovani in una forma di autoeducazione, lo appoggiò pienamente nella sua sperimentazione. In poco tempo e senza finanziamenti a sostegno, il movimento degli scout si è diffuso a macchia d'olio prima in Inghilterra e, successivamente, in nazioni con tradizioni, costumi e religioni diverse.
Due fattori hanno fondato il “successo” del metodo: la relazione interpersonale e la vita comunitaria. L’attività di Esploratori e Guide, ad esempio, si svolge in gruppo formato da sottogruppi stabili di 11 – 16enni, occupati in attività specifiche. L’impegno è di creare relazioni tra pari (Squadriglie) efficaci, organizzati da adulti (i Capi), all’interno del “Reparto”, che crea una cornice improntata dalla gioia di vivere un’esperienza comune, di confronto e strumento per il trapasso delle competenze. Il Gioco ed il Contatto con la Natura sono il teatro in cui si svolge la crescita scout. Il gruppo si rinnova e garantisce uno “stile” di comportamento, impegno (promessa) responsabilità (legge) che ha uno scopo molto importante: la formazione del carattere del singolo individuo, per la realizzazione del “buon cittadino/a” e lasciare … il mondo un po’ migliore di come l’ha trovato”. Progressione personale è il processo di crescita seguito nel tempo dagli educatori scout, che personalizzano il cammino con tappe concrete e “prove” da superare dagli 8 ai 21 anni in tre diverse fasce d’età.
L’attualità dello scautismo e la connessione con le life skills e la peer education
Quello che accadeva nei sobborghi londinesi purtroppo si verifica oggi con la crisi educativa di valori. Ci ritroviamo a contrastare le stesse problematiche sociali e individuali del secolo scorso, malgrado l'emancipazione e l'avanzamento delle tecnologie a disposizione dei nostri ragazzi. Dall'Indagine conoscitiva sulla condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza in Italia 2012, presentata di recente a Roma da Telefono Azzurro ed Eurispes, è allarmante come i “fanciulli” sono anche a rischio di dipendenza da web, passando ore al cellulare, bevendo precocemente alcolici, sperimentando il gioco d'azzardo, depressi e soli. E' drammatico il quadro che emerge ed urge avviare proposte ed attività alternative in modo particolare sul benessere, come la S.I.P.S. sta cercando di introdurre in ogni ambiente di vita. Ieri come oggi siamo immersi in un sistema di mercato che, con la pubblicità, induce a trasformaci da persone a consumatori. Tra gli scout lo stile di vita è sobrio, l’esempio dei pari è fondamentale. Non è certo un’isola felice, ma si predilige il mangiare sano, amare il movimento in tutte le sue forme, non fumare e valutare come bere, essenzialmente per “festeggiare”, cercando il benessere in gruppo. Anche remando controcorrente…
Maria Vittoria Sturaro (detta Mavi), psicologa, Segretario Regionale Delegazione Toscana
Documentazione e promozione della salute
La Società italiana di promozione della salute ha tenuto il 12 luglio 2013, a Castello Pasquini di Castiglioncello (Livorno), il meeting “La promozione della salute: un percorso culturale”.
L’intera giornata è stata dedicata alla presentazione di numerosi progetti realizzati per favorire, nella scuola e nella società italiana, la salute e il benessere degli adolescenti. Gli interventi e il confronto tra le differenti esperienze hanno documentato come l’efficacia dei programmi dipenda in maniera decisiva dalla qualità delle azioni intraprese, destinate anzitutto ad assicurare ai ragazzi l’opportunità di dialogare, di discutere, di confrontarsi tra loro in una visione etica responsabile.
L’idea portante di tale orientamento è che il benessere come condizione esistenziale dipende moltissimo da ciascun individuo. Le persone, anche in età adolescenziale, hanno più potere di quanto credono di possedere, per intervenire nelle situazioni difficili della propria esistenza. Così, molti dei problemi che i ragazzi sperimentano potrebbero essere più facilmente gestiti se essi imparassero ad attingere alle potenziali risorse di cui personalmente dispongono e alla grande risorsa degli amici e degli adulti significativi.
In particolare il gruppo dei pari, con le sue simmetrie e complementarietà, rappresenta sempre per i ragazzi uno spazio di incontro e di libertà dove è più facile mettersi in gioco, condividere le opportunità e le vulnerabilità, aprirsi al cambiamento.
I metodi di lavoro, infine, sono stati illustrati come esiti di forme di collaborazione coordinata che scaturiscono da approcci molteplici nei quali è determinante il ruolo affidato alle comunità chiamate a partecipare, non semplicemente come destinatarie delle attività educative e formative, ma come titolari delle iniziative in grado di svolgere un ruolo gestionale prioritario.
Oggi gli studi antropologici, psicologici e sociologici, in maniera sempre più attenta, configurano l’adolescenza come un insieme di microtransizioni finalizzate alla definizione della identità personale e sociale dei ragazzi. Le vicende biologiche, il mondo delle emozioni e dei sentimenti, gli stimoli ambientali, le esperienze di vita comunitaria costituiscono vincoli e opportunità con i quali ogni adolescente è sollecitato a confrontarsi e a interagire. Sappiamo che l’acquisizione di atteggiamenti come la modifica dei comportamenti a qualunque età, ma soprattutto negli anni dello sviluppo, avvengono all’interno di una rete di influenze sociali. Sono proprio queste interazioni le risorse preziose che permettono ai ragazzi di crescere in assertività, decisionalità, responsabilità, capacità di pianificare il proprio tempo, capacità di essere insieme agli altri nella vita sociale.
Vi è, perciò, l’esigenza di creare ambienti educativi dinamici che facilitano l’apprendimento e la valorizzazione degli individui, oltre che a indurre le comunità locali a gestire i programmi e a disporre di validi strumenti di monitoraggio e di valutazione.
Bibliografia. World Health Organization, Skills for life, “Bollettino OMS” n.1 1993; Seligman M. Imparare l’ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 1996; Seligman M., La costruzione della felicità. Che cosa è l’ottimismo, perché può migliorare la vita. Sperling & Kupfer, Milano, 2003; Seligman M., Come crescere un bambino ottimista. Sperling & Kupfer, Milano, 2006.
A
ntonio De Angeli Socio fondatore SIPS
Evidenziamoli
Abstract presentati che meritano maggiore attenzione
I tutor della salute. Corso per la sicurezza in auto ed in bici. (Periodo 2010-2012)
Patrizia Giannelli1
,Francesca Bronzini2
1: Azienda Sanitaria di Firenze, 2: AUO Meyer
Introduzione
Secondo il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, l’Italia deve promuovere delle norme sulla sicurezza in bicicletta, introducendo l’obbligo di casco a tutte le età. L’ European Child Safety Alliance, attraverso una collaborazione fra l’OMS, il Ministero della Salute Italiana, la Commissione Europea e l’UNICEF, ha pubblicato il Child Safety Report Card 2009 in cui l’Italia ha preso un voto di 0 su 5 nella categoria di sicurezza ciclistica – il che significa che c’è un vero bisogno di un cambiamento nel comportamento riguardante l’uso “sicuro” della bicicletta; il Report segnala la necessità di una legge nazionale sull’obbligo del casco in bicicletta e richiede una campagna nazionale almeno una volta ogni 5 anni sulla sicurezza dell’uso della bicicletta nella popolazione pediatrica.
Obiettivo
Riduzione di traumi pediatrici a Firenze causati dalla mancata utilizzazione del casco durante l’uso della bicicletta e dei dispositivi di protezione nei percorsi in auto.
Obiettivi Specifici
1 Aumentare l’uso del casco in bicicletta nei bambini soggetti dell’intervento
2 Aumentare l’adozione dei dispositivi di sicurezza in auto nei bambini soggetti dell’intervento
3 Aumentare le conoscenze relative alla corretta utilizzazione dei dispositivi di protezione in auto nei peer –educator (tutor)
4 Responsabilizzare gli studenti rispetto al loro ruolo di tutor nei confronti dei bambini
Popolazione interessata dal progetto:
2500 bambini della Scuola dell’Infanzia e Primaria
100 studenti del 3° anno della Scuola Media Superiore
A tutti è stato regalato un casco per bicicletta
Metodologia
N. 2 Corsi di formazione rivolti agli studenti del 3° anno dei una Scuola Media Superiore:
- Brevi spunti teorici
- Addestramento con simulazioni
Attività rivolta ai bambini della scuola materna ed elementare:
-peer education
Incontro informativo rivolto ai genitori
Risultati:
Questo progetto è riuscito a coinvolgere, a livelli informativi diversi, circa 9000 persone (studenti, genitori, insegnanti, ecc.) e la Regione Toscana, in occasione dei Mondiali del Ciclismo del 2013, ha deciso di promuoverlo in tutto il suo territorio. Attualmente sono coinvolte 9 Aziende Sanitarie Toscane con un preventivo di coinvolgimento di 10.000 bambini, 600 studenti.
Presentato al Meeting "Promozione della salute e diritti umani" - Pisa 19 aprile 2013