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Numero 38 settembre 2015

 
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Il benessere della solitudine

 
Riflettere sulla solitudine come dimensione radicale-fondamentale della vita è certamente qualcosa di estremamente complesso e articolato. Per la maggior parte delle persone la solitudine è un’esperienza terrificante e dolorosa, un nemico da fuggire a qualsiasi costo. Si evita di stare da soli eliminando i tempi vuoti, ricercando nuovi impegni, nuovi svaghi e continui progetti. Nell’immaginario collettivo di oggi si pensa che la solitudine nasca dall’assenza di relazioni o da relazioni sbagliate: “essere soli” è diventato sinonimo di essere lasciati soli. Eppure mai come in questo momento storico è presente una condizione generalizzata di isolamento, disorientamento, perdita del senso di identità personale e sociale, di desertificazione emozionale e di impoverimento della qualità dei rapporti interpersonali. Si è perso di vista il vero significato della parola “solitudine”, quale saggia maestra di vita. Non c’è nulla di male o di patologico a ricercare la vicinanza e l’amore degli altri, non siamo fatti per essere soli. Questa è una manifestazione di salute psichica. Quando però ci troviamo nella totale incapacità di fondare la nostra esistenza intorno al centro interiore e a riempire compulsivamente sempre il vuoto con punti di riferimento esterni, gli altri, il lavoro, le droghe e ogni altra forma di addiction, il pezzo che si paga è la perdita di noi stessi. L’esperienza del sentire la nostra voce interiore richiede ascolto, non richiede un fare!
Sicuramente nel corso della vita ciascuno di noi ha sperimentato l’esperienza della solitudine ed ognuno ha il suo modo di rappresentarsela, di viverla e di fantasticarsela. Ogni solitudine ha il suo significato: per alcuni è la percezione di un mondo ostile, per alcuni è la mancanza di punti di riferimento, la mancanza di amicizie o l’assenza di un amore, per alcuni è la percezione di un abbandono, per altri è il non sentire il proprio punto di vista in linea con quello delle altre persone, per altri ancora è una percezione di fragilità e vulnerabilità. Ci sono poi solitudini forzate come la prigionia e la malattia e ci sono solitudini volute e ricercate come quelle del creativo o dell’asceta o di chi sente il bisogno, nella quotidianità, di avere un momento suo per recuperare le energie disperse nel mondo e per ritrovare un contatto con la propria linfa profonda. Sicuramente la solitudine è connaturata all’essere umano: ognuno di noi ha bisogno di uno spazio interno che sia al riparo dall’invasività e dallo sguardo indiscreto degli altri. Un luogo in cui è possibile sospendere le continue sollecitazioni ambientali e recuperare energie o prendersi semplicemente cura delle parti più fragili e vulnerabili di noi. Condizione difficile e faticosa da raggiungere e da vivere ma necessaria alla vita: quando siamo «nello spazio dell’io stesso con me stesso», come scrive Eugenio Borgna, è possibile prestare ascolto all’infinito che è in noi. È il tempo del silenzio dove possiamo conoscere ed ascoltare il Dio che è in noi perché, come afferma Harold Bloomquesto «Dio ci parla». Ci parla dei nostri talenti repressi e relegati nell’inconscio perché mal riconosciuti e mal accettati dalla società, dei nostri desideri, dei nostri bisogni e delle nostre paure, ci porta a riconoscere la nostra individualità e ci indica la strada per seguire la nostra unicità. Non dimentichiamo mai che la nostra personalità si costruisce attraverso un processo dialogico tra interno ed esterno. Nella nostra ambivalenza di essere umani ci muoviamo lungo un continuum tra il bisogno di sentirci parte di un sistema, di un gruppo, il bisogno di essere amati e accettati e il bisogno di essere soli, sentirci separati, autonomi, protetti nella nostra dimensione più intima. L’uomo necessita il legame così come necessita la solitudine ma in realtà può stare in un legame solo se riesce a vivere la dimensione della sua solitudine.
Si parla molto della paura della solitudine, poco della capacità d’essere soli. La capacità di stare bene da soli, come teorizza Winnicott, è il criterio minimo, ma essenziale, della salute mentale. È la conditio sine qua non di un buon rapporto con noi stessi e con il mondo: se non riusciamo a trovare la via verso noi stessi come possiamo trovare la via per l’incontro con l’altro?
È nei primissimi rapporti del bambino con le figure di accudimento che si determina lo sviluppo di un nucleo caldo: una riserva di amore e di conforto che permette al bambino, anche in età adulta, di non sentirsi mai realmente solo. La solitudine per quanto possa essere oggettiva non sarà mai percepita come tale se siamo nutriti dall’interno: se avverto un calore consolatorio e costante che mi avvolge, allora questa non sarà vissuta come una circostanza angosciante della mia vita, ma come una condizione di ritiro fertile in me stessa. La capacità di stare da soli è la capacità di vivere la solitudine come “buona” e non abbandonica.
Molte persone confondono la solitudine con l’isolamento. Massimo Recalcati descrive l’isolamento come il rinchiudersi della vita in se stessa. L’isolato sceglie di chiudere l’apertura all’altro, c’è rifiuto del legame, c’è fuga rabbiosa o rassegnata dal mondo, c’è risentimento, non c’è pace. Diversamente la solitudine non è rifiuto del legame ma il suo unico fondamento positivo, non c’è fuga o chiusura ma apertura al mondo, è “caricamento libidico alla vita”. Nella storia troviamo grandi autori che in condizioni di solitudine hanno trovato l’espressione massima della loro creatività scrivendo opere memorabili. Nel ritiro in noi stessi alberga la forza creatrice della creatività (una forma di autoterapia). Ogni nuova scoperta, ogni idea rivoluzionaria o soluzione inaspettata sono tutte insight della solitudine. Non c’è comunicazione, non c’è colloquio, non c’è parola dotata di senso che non abbia come premessa la solitudine interiore.
Ma allora perché per molte persone la solitudine è una delle dimensioni più angoscianti e terribili dell’esistenza? Credo che quello che faccia più paura della solitudine sia connesso alla possibilità di trovarci faccia a faccia con la parte più misteriosa ed incomunicabile di noi. La paura di trovarsi da soli con noi stessi, con le nostre emozioni, con la difficoltà a stabilire un dialogo con la nostra interiorità. Abbiamo paura ad entrare in relazione con quelle parti di noi che vediamo come estranee e nemiche e da cui costantemente, nella vita quotidiana, tentiamo di fuggire mettendo in atto una moltitudine di meccanismi difensivi.
Dobbiamo imparare a rischiare la solitudine, l’abbandono, il senso di vuoto e la noia. Saper bastare a se stessi significa non aver paura di stare da soli e non aver sempre bisogno dell’approvazione dell’altro. Vuol dire non chiedere sempre conferme, vuol dire fare presenti i propri bisogni. Significa avere la capacità di stare da soli senza essere presi dal panico, senza affidarsi alla prima persona che passa pur di stare in compagnia. Sembra la cosa più ovvia ma molte persone si scelgono più sulla base di questa paura che non su quella del piacere e della curiosità. «Il vostro cattivo amore per voi stessi fa della vostra solitudine una prigione» scriveva Friedrich Nietzsche. Sperimentare una certa dose di solitudine accogliendo con benevolenza e dolcezza tutte le figure che ci abitano, e che nel profondo siamo, è un elemento fondamentale per la nostra evoluzione psichica. Se stiamo bene in compagnia di tutti i nostri personaggi interiori, staremo bene in compagnia del mondo intero. In questo modo, stare da soli diventa un abbraccio nei giorni tristi, un unguento per le nostre ferite, un fuoco intorno a cui riscaldarci, un tempo e un luogo dove riposare. La solitudine diventa così un'inesauribile fonte di benessere e resilienza nel nostro cammino evolutivo.
 
 

Il meeting nazionale 2015 raccontato dal gruppo giovani SIPS























Ricordo il meeting come un'esperienza assolutamente positiva in tutti gli aspetti.
Mai avrei creduto di poter prendere parte ad un convegno nazionale, di poter esporre un progetto e addirittura avere una pubblicazione. Tutto questo è stato possibile grazie ad "Oltre le nuvole", ai miei compagni, a Sergio, guida e spirito attivo nel nostro lavoro, ma anche e sopratutto alla SIPS, una società nata da poco ma che cresce ogni giorno di più.
Quando mi è stato proposto di partecipare a questo meeting ho accettato subito senza indugi, sapevo che sarebbe stata un'esperienza che mi avrebbe dato tanto. Confrontare progetti, esperienze e pensieri con persone di varie regioni italiane è stato davvero bello e soprattutto mi ha fatto capire che ci sono ancora persone in Italia che credono in ciò che fanno, che lottano per modificare aspetti che sono talvolta scontati o realtà che per molti sono celate. Gli interventi sono stati interessanti, la partecipazione era molto attiva e la location era perfetta: bello l'ambiente, bello il paese, per non parlare dei paesaggi e delle persone calorose caratteristiche del sud; insomma, la Basilicata mi è rimasta un po' nel cuore! 
Da "quasi infermiera" posso dire che la promozione della salute è un argomento che ci tocca da vicino, quali promotori della salute in prima linea, e per questo mi dispiace un po' non aver visto molti interventi dei miei "quasi colleghi".  
Grazie ancora di tutto, dal sostegno alla possibilità di partecipare.
Buona salute a tutti! 
Giulia Barbuti
 
Quando mi è stato proposto di partecipare al mio primo meeting sulla promozione della salute a Potenza ho provato una serie di emozioni diverse: non sapevo cosa aspettarmi, ma nello stesso tempo non vedevo l'ora di mettermi alla prova in questa nuova esperienza.
Mi ha colpito molto vedere come ambiti sanitari apparentemente distanti tra loro abbiano come stesso obiettivo la promozione della salute in tutti i suoi aspetti, e soprattutto quanto questo potrebbe coinvolgere in prima persona anche noi giovani infermieri. È stata un'esperienza decisamente positiva, e non dimenticherò l'accoglienza di tutte le persone che ci hanno assistito durante il soggiorno in Basilicata, facendoci sentire più che a casa!
Buona salute a tutti! 
Sara Nutini
 
Quando Sergio ci ha parlato del meeting la cosa mi ha incuriosito fin da subito, in primis perché non avevo mai partecipato a niente di simile ed ero curiosa di vedere di persona di cosa si trattasse, ma anche perché sinceramente l'idea di andare tre giorni al sud con degli amici non mi dispiaceva per niente. L'accoglienza che abbiamo ricevuto è stata ottima: tutti ci hanno aiutato molto negli spostamenti, altrimenti molto difficoltosi per noi essendo venuti in treno e non avendo a disposizione la macchina, e anche in agriturismo i ragazzi sono stati molto disponibili fin da subito. Il cibo poi era ottimo!
Per quanto riguarda il meeting, la cosa che mi ha colpito di più è stata sicuramente l'entomia, probabilmente perché oltre che discorsiva, è stata anche "pratica". Ma ovviamente il meeting in generale è stato interessante ed istruttivo: la promozione della salute dovrebbe essere un tema importante e fondamentale per ognuno di noi, indipendentemente dalla professione svolta. Da un punto di vista infermieristico però posso dire che, in particolare noi professionisti in questo ambito, dovremmo porre giornalmente l'attenzione su ogni aspetto della persona, quindi considerarla nella sua globalità, andando a promuovere la condizione migliore per favorirne un miglioramento che sia appunto globale. Secondo me l'infermiere non è semplicemente colui che "cura" il paziente, non deve assolutamente limitarsi a somministrare la terapia e ad occuparsi dell'igiene: entra in gioco la presa in carico del paziente. È fondamentale a mio parere considerare il paziente da un punto di vista olistico per svolgere nel migliore dei modi il nostro lavoro.
Buona salute a tutti! 
Chiara Mantellassi
 
Sono una studentessa che ha partecipato al meeting di Vagli di Basilicata organizzato dalla SIPS. Quando mi è stato proposto di partecipare dal nostro professore Sergio Ardis, ho deciso di accettare molto volentieri e con entusiasmo, sia per curiosità e voglia di conoscere, sia perché con grande onore si presentava il nostro progetto "Oltre le nuvole". Il meeting, dal mio punto di vista é stato organizzato in maniera eccellente, abbiamo avuto una cordiale ospitalità, e un grande supporto negli spostamenti.
Il meeting era improntato sulla promozione della salute e devo dire che dal punto di vista dell'infermiere è un aspetto molto importante, poiché l'obbiettivo è la persona, con la quale dobbiamo creare un rapporto, supportarla, fornirgli le cure adeguate, non dobbiamo cioè solo curarla dal punto di vista della salute fisica ma anche psichica. È necessario quindi creare una buona relazione d'aiuto e di sostegno. Durante questo meeting l'intervento che più mi ha colpito è stato quello dello psichiatra Mario Betti, che ci ha illustrato delle dimostrazioni pratiche di Entomia, tra cui una in cui si chiedeva di immedesimarci nell'insetto che più temiamo. Nel complesso sono stati 3 giorni che mi hanno arricchita sia dal punto di vista delle conoscenze, sia dal punto di vista relazionale. Sono stata molto contenta di aver partecipato.
Buona salute a tutti! 
Sara Baielli
 
Quando mi è stato proposto di partecipare al meeting sono stata entusiasta. È stato il primo a cui ho partecipato e l'argomento mi ha stimolato molto. In più è stata un'ottima occasione per visitare una regione ricca di bellissimi luoghi che non ero riuscita ancora a vedere.
La cosa che più mi ha colpito del meeting è stato vedere come il progetto di "Oltre le nuvole" sia stato apprezzato anche dagli altri soci SIPS e come sia stato più volte ribadito che i giovani possono fare molto nell'ambito della promozione della salute. Come infermiera, o meglio come "quasi infermiera", credo che la promozione della salute sia il modo migliore anche per fare prevenzione, e che possa essere fatta in svariati ambiti e non solo dagli operatori sanitari. Nel complesso, ritengo che il meeting sia stato molto interessante per la varietà degli argomenti e la moltitudine di progetti. Per me è stato sicuramente un arricchimento. Mi ricorderò con piacere la gentilezza e la cortesia dei vagliesi, che senza esitare ci hanno permesso di spostarci accompagnandoci con la macchina e ci hanno mostrato e fatto conoscere con fierezza ogni scorcio del loro paese.
Buona salute a tutti! 
Federica Feltri
 
Adesso mi sento di essere stata onoratissima di essere stata invitata a partecipare al meeting della SIPS, occasione di crescita personale e di gruppo, inteso come "oltre le nuvole". Infatti il meeting è riuscito a dare molti spunti di riflessione per sanitari quale sono e una visione completa di come altri colleghi si stiano impegnando per quello in cui credono.
Il meeting è inoltre stata occasione per stringere ancor più il rapporto con gli altri peer-coach rendendoci, alla fine del viaggio, un gruppo ancora più unito.
Buona salute a tutti! 
Angela Specchi
 
Per noi giovani SIPS è stato interessante e formativo partecipare al meeting nazionale, abbiamo avuto modo di vedere, grazie ai rappresentanti di tutta Italia, come la promozione di benessere e salute sia punto cardine di tutte le professioni che riguardano educazione e assistenza.
Da laureandi infermieri e neolaureati, mi sento di parlare a nome di tutti, ci sentiamo come alcuni degli ingranaggi di un cambiamento necessario che sta alla base della sanità del futuro, sanità che promuoverà benessere anziché essere azienda erogatrice di servizi.
Buona salute a tutti! 
Tommaso Carraro


Gruppo Giovani SIPS

Speciale Comitato scientifico SIPS
“Il Professor Erio Ziglio membro del comitato scientifico della SIPS”

Il Comitato scientifico della SIPS, presideduto dal Prof. Nicola Nante Professore Ordinario di Igiene e Sanità Pubblica all’Università di Siena, si arrichisce dell’adesione del Prof. Erio Ziglio già Direttore WHO European Office for Investment for Health and Development, attualmente Guest Lecturer al Management Centre Innsbruck (MCI), Austria. 
L’esperienza internazionale in tema di promozione della salute del Prof. Erio Ziglio rappresenta per la SIPS motivo di crescita e di stimolo per l’affermazione dei principi e obiettivi della SIPS.
Grande soddisfazione è stata espressa dal Presidente della SIPS Riccardo Senatore: “l'adesione di Erio Ziglio alla Nostra società scientifica rappresenta un valido riconoscimento sull'importanza dell'attività svolta in tema di Promozione della Salute dalla SIPS. Nel dargli il benvenuto sento di doverlo ringraziare per la stima e la considerazione che ha posto nei nostri confronti sin dal momento dell'atto costitutivo della SIPS e di formulargli gli auguri più sentiti di buon lavoro quale componente del comitato scientifico”.
Il Prof. Erio Ziglio ha tenuto la lectio magistralis d’apertura del meeting nazionale della SIPS “La promozione della salute in tutte le politiche e professioni” che si terrà a Vaglio di Basilicata (PZ) il 4-5 settembre 2015.

Le rubriche

Documentazione e promozione della salute
Gli affetti e la salute

Gli uomini possono vivere in molte maniere la propria esperienza esistenziale. Cercano comunque un significato in ciò che compiono e desiderano condividerlo con gli altri, confrontandosi e accogliendo le proprie e le altrui debolezze e fragilità.
Alcune persone in questo modo giungono a trovare nella propria esperienza una ricchezza di motivazioni e di sentimenti da alimentare in loro quella fiducia e quella speranza che sono necessarie per affrontare le prove terribili che segnano il loro percorso di vita.
Altre persone, invece, avvertono le proprie crisi e difficoltà come pesi assurdi e insopportabili fino a giungere a ignorarle o a negarle pregiudicando in questo modo la qualità della loro vita, la loro stessa salute e il benessere altrui.
La collaborazione e la condivisione, che si instaurano tra le persone nell'ambito del lavoro, nell'esercizio di una professione, nel gioco e nel divertimento, nel rapporto di coppia, nelle relazioni all'interno della vita comunitaria e sociale, facilitano la ricerca di sé e la scoperta del proprio ruolo nel mondo solo se riescono a dare spessore affettivo e amore alle ragioni di interazione e di comunicazione interpersonale.
Solo l'integrazione riesce a fare del linguaggio un luogo di vita e di consapevolezza. Chi accoglie apertamente la presenza dell'altro, accoglie anche se stesso. Mettere una persona nella condizione di apprendere a fronteggiare le frustrazioni, i conflitti, le imprevedibilità, le fatiche intrinseche in qualsiasi relazione umana è accettare i propri limiti e avere il coraggio di sperimentare il proprio futuro possibile.


Bibliografia:

Anichini A., La didattica del futuro, Milano, Pearson, 2012;
Murakami H., L'arte di correre, Einaudi, Torino, 2011;
Cyrulnik B., Malaguti E., Costruire la resilienza – la riorganizzazione positiva della vita  e la creazione di legami significativi, Edizioni Erickson, Gardolo (TN), 2005;
Heidegger M., Essere e tempo, Longanesi, Milano, 1976;
Frankl V., Uno psicologo nei lager, Ares, Milano, 1975.

di Antonio De Angeli. Socio fondatore SIPS

 
Parliamo di resilienza

Come si può potenziare la resilienza negli infermieri e negli studenti infermieri?

Il personale sanitario e in generale i professionisti dell’aiuto sono esposti al rischio di burn-out più che altri lavoratori. Accanto ai fattori stressogeni propri delle professioni sanitarie, come il doversi confrontare quotidianamente con la morte e con il dolore, lo stress lavoro correlato ha un impatto negativo sul personale che si manifesta in vario modo: riduzione della performance lavorativa, malessere fisico, elevato turnover e assenze per malattie. Anche gli studenti infermieri sono fortemente esposti al rischio di danni da stress lavoro correlato.
Accanto ai fattori strettamente legati alla professione, occorre oggi considerarne alcuni attuali e tipici del lavoro nel servizio pubblico italiano: nelle aziende sanitarie. (È strano, ma sono aziende sanitarie solo i soggetti pubblici. I privati che si occupano di salute e di sanità e che molto spesso hanno come scopo il profitto economico, invece non si chiamano aziende.)
Nelle aziende sanitarie, come in tutto l’ambito pubblico italiano, i livelli di meritocrazia sono molto bassi. Il senso di iniquità è costante e non contribuisce al benessere del personale.
La carenza di risorse è sofferta dai sanitari che sono chiamati ogni giorno a “risparmiare”. I cambiamenti sono molto frequenti. In alcune regioni italiane si sono realizzati o si stanno realizzando accorpamenti tra aziende che influiscono negativamente sul personale.
Come accade nelle aziende private che mirano a profitti di breve termine, spesso anche nelle aziende pubbliche i “manager” mirano al raggiungimento di obiettivi di budget a breve o brevissimo termine (che in ogni caso non eccedono la durata del loro mandato).
Infine possiamo citare un generale deterioramento delle relazioni tra colleghi, risultante certamente da molti fattori causali, ma soprattutto dallo scarso valore attribuito dalla dirigenza alla cura delle relazione e alla creazione di un ambiente relazionale favorevole alla crescita professionale e umana.
Tornando agli infermieri, non tutti i dipendenti e non tutti gli studenti esposti allo stress ne ricevono un vulnus, ma alcuni continuano a sperimentare gratificazione professionale e benessere personale. Come per i “bambini invulnerabili”, protagonisti dei primi studi in questo ambito, anche qui caso entra in gioco un complesso fattore protettivo: la resilienza emotiva.
La resilienza emotiva può essere definita in vario modo e varie definizioni contengono “la capacità di recuperare” di fronte alle avversità, di reagire appropriatamente alle difficoltà della vita, o di rimbalzare verso un nuovo benessere superandone gli effetti.
Louise Grant e Gail Kinman in un interessante lavoro pubblicato nel 2014 forniscono una analisi della letteratura che chiarisce il ruolo della resilienza sul benessere del personale infermieristico dopo aver evidenziato quanto in letteratura è presente riguardo alle competenze che costituiscono la resilienza e aver riportato le evidenze su ciò che permette il potenziamento della resilienza emotiva negli infermieri e degli studenti. [Nei prossimi numeri della newsletter proporremo altri spunti che il loro lavoro offre].
Un’importante considerazione preliminare per chi si occupa di promozione della salute è che la resilienza non è innata. Non si tratta di una caratteristica prefissata, ma può essere sviluppata mediante interventi mirati al target. La resilienza emotiva può essere una qualità importante per chi esercita una professione di aiuto, nella misura in cui può aiutare nell’adattamento positivo alle condizioni stressanti correlate al lavoro, nella gestione della richiesta emotiva, favorendo strategie di coping efficaci, aumentando il benessere e favorendo la crescita professionale.
Nei prossimi numeri, riprendendo questo ed altri lavori sul tema, cercheremo di stimolare la riflessione sui fattori individuali di resilienza studiati in letterature per poi passare ad analizzare come la resilienza può essere aumentata in un target specifico: gli infermieri e gli studenti infermieri.


Bibliografia:

Louise Grant and Gail Kinman: (2014) Emotional Resilience in the Helping Professions and how it can be Enhanced. Health and Social Care Education 3(1), 23-34. DOI: 10.11120/hsce.2014.00040

di Sergio Ardis. Segretario nazionale SIPS

 

 


Evidenziamoli

Abstract presentati che meritano maggiore attenzione

Benessere vs resilienza negli studenti
 

Giacomo Marchetti1, Sergio Ardis2, Angela Specchi1, Chiara Bicchi1, Giulia Malloggi1, Tommaso Carraro1, MorenoMarcucci2, FrancescoBellomo2, Irene Del Carlo1

1SIPS Gruppo giovani delegazione Toscana 2Usl 2 Lucca

giacomomarche@gmail.com

 
Gli studenti del corso di laurea in Scienze Infermieristiche, come tutti i professionisti dell’aiuto, sono un gruppo a rischio di burn-out, in quanto esposti ad esperienze emotivamente stressanti. Sin dal primo anno frequentano i reparti ospedalieri per il loro apprendimento pratico della professione. Durante questo tirocinio, come ogni sanitario, si devono confrontare con le emozioni negative evocate dal dolore, dalla sofferenza e dalla morte e con il disgusto provocato da alcuni aspetti dell’assistenza quando i vari sensi sono esposti a feci, urine, vomito, pus, sangue e ferite e ustioni di vario genere. Sono giovani poco più che adolescenti, in senso anagrafico, spesso ancora fortemente dipendenti dai propri genitori. Gli adulti che incontrano nella formazione (professori e tutor) sono persone con cui difficilmente vengono affrontate le difficoltà di cui stiamo parlando, proprio perché ammettere con gli adulti difficoltà di fronte a questi fatti e alle proprie emozioni significherebbe ammettere di essere ancora dipendenti. Inoltre gli studenti dello stesso corso, spesso in piccole realtà, sono organizzati in vere proprie classi dove la competizione tra studenti rende molto difficile il potersi confrontare su argomenti così delicati.

La resilienza è la capacità di recuperare la condizione iniziale, dopo un evento traumatico, e uscirne ulteriormente rafforzati nella capacità di affrontare i possibili traumi futuri. È quindi un importante fattore protettivo per la prevenzione del burn-out nelle professioni di aiuto.

Il burn-out è una condizione di malattia. La salute non è la mera assenza di malattia, ma il benessere fisico, mentale e sociale.
Nella nostra indagine abbiamo ricercato la relazione tra benessere e resilienza nella popolazione indagata.

Popolazione
Il numero degli studenti dei tre anni del corso di laurea sommati agli studenti del primo anno fuori corso e a cui è stato inviato il questionario era di 178. Hanno risposto 112 studenti (63% di risposta).

Il campione che ha risposto al questionario era costituito da 92 femmine e 20 maschi, con una età media di 24,2 anni. 106 hanno dichiarato di risiedere in Toscana, i rimanenti altrove. Il 60,7% del campione ha dichiarato come livello di scolarità il diploma di scuola superiore, il 34,0% ha dichiarato di aver già conseguito una laurea triennale, lo 0,4% una laurea di 5 o più anni e un solo soggetto una laurea di 4 anni.

Materiali e metodo
Per la valutazione della resilienza abbiamo utilizzato la “Scala di resilienza” di Wagnild e Young, che ci ha consentito di dividere il campione in tre gruppi: resilienza bassa (RB) costituito da 22 studenti, resilienza media (RM) con 58 studenti e resilienza elevata (RE) con 32 studenti. Per la valutazione del benessere abbiamo utilizzato tre item delle linee guida OECD/SIPS sulla valutazione del benessere. Per il questionario è stato elaborato un form dall’Osservatorio Nazionale per il Benessere Soggettivo della SIPS. Sul questionario è stato chiesto un parere agli ultimi 100 soci iscritti alla SIPS. Hanno risposto compilando il questionario, 49 soci. È stato dato un solo consiglio relativo alla disposizione degli item nel form. Il consiglio è stato accolto modificando il form.

Gli studenti sono stati invitati a partecipare allo studio mediante una email e un sollecito dopo dieci giorni.

I dati raccolti in un foglio di Excel sono stati analizzati utilizzando Minitab. Per il confronto fra i valori medi ottenuti è stata utilizzata una analisi ANOVA con un livello di significatività statistica p<0.05.

Risultati
Abbiamo confrontato i valori medi ottenuti dai tre gruppi RB, RM e RE nelle risposte fornite agli item per la valutazione del benessere soggettivo.
Il primo item indagava il benessere soggettivo attuale (Nell’insieme quanto ti ritieni felice?) su una scala Likert da 0 a 10. Il valore medio ottenuto dal gruppo RB è stato 6,0 che è risultato significativamente inferiore alle medie degli altri due gruppi (RM valore medio 7,4 e RE valore medio 8,0).
Il secondo item indagava lo stato emotivo (Indicare le sensazioni provate ieri) con una scala da 0 a 10 con 10 subitem (piacere, calma, preoccupazione, tristezza, felicità, depressione, rabbia, stress, stanchezza e hai sorriso molto?). Dopo aver invertito la scala per i valori a connotazione negativa, abbiamo calcolato la media per l’item di benessere soggettivo nei tre gruppi di studenti. Il gruppo RB ha ottenuto un valore medio (5,2) significativamente più basso del gruppo RE (6,9), mentre il gruppo RM (6,1) non si differenzia significativamente dagli altri due gruppi.

Il terzo item esplorava la dimensione eudaimonica (Attualmente quanto ti ritieni soddisfatto della tua vita nel complesso?) mediante una scala da 0 a 10. Il gruppo RB con questo item di benessere soggettivo ha riconfermato un risultato medio (5,8) inferiore agli altri due gruppi (RM valore medio 7,2 e RE valore medio 8,0).
Non sono state evidenziate differenze significative fra risposte agli item di benessere rispetto a età, sesso, scolarità e regione di residenza. Non sono state evidenziate differenze significative nei livelli di resilienza rispetto a età, sesso e regione di residenza.

Abbiamo valutato anche le medie riportate dai tre gruppi nei vari subitem del secondo item di benessere. In tutti gli item relativi a stati emotivi a connotazione positiva (piacere, calma, felicità, hai sorriso molto?), il gruppo a bassa resilienza ha ottenuto valori medi significativamente più bassi. Nei subitem a connotazione negativa le differenze riscontrate pur concordando come dato tendenziale, non erano significativamente diverse dagli altri gruppi.

Conclusioni
Nell’indagine, il gruppo di studenti caratterizzato da valori medi di resilienza più bassi (RB) ha mostrato livelli di benessere significativamente inferiori. La resilienza, oltre ad essere un fattore protettivo, sembra essere anche un fattore salutogenetico in termini di benessere. La disponibilità di item per la valutazione del benessere soggettivo, recentemente validati dalla SIPS, fa auspicare una maggiore diffusione di indagini di questo tipo che potranno ulteriormente confermare questo assunto.

La resilienza non è determinata, ma può essere aumentata. Per quanto riguarda gli infermieri esistono evidenze di efficacia nella possibilità di accrescere la resilienza emotiva mediante pratiche di riflessione, supervisione, peer coaching, mindfulness e apprendimento esperienziale. Lavorare per aumentare la resilienza di questi professionisti può significare, non solo prevenire il burn-out, ma aumentare il livello di salute intesa come benessere.

La valutazione dei livelli di benessere, quando ben conosciuta, potrà diventare una modalità valutativa di efficacia delle attività di promozione del benessere (l’unico obiettivo della promozione della salute).
L’Osservatorio Nazionale del Benessere Soggettivo della SIPS può svolgere un ruolo di catalizzatore in questo ambito di ricerca.
 

 
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