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Numero 29 novembre 2014

 
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Promozione della Salute e Medicina Narrativa hanno tratti in comune?

Due importanti eventi, cui abbiamo preso parte, si sono svolti ultimamente e hanno riguardato, seppure da punti di vista diversi, il tema della medicina e della salute. L’ultimo in ordine di tempo, è stato il seminario organizzato dal Centro Sperimentale della Promozione della Salute e l’Educazione Sanitaria dell'Università di Perugia per presentare a coloro che si occupano di promozione della salute l’edizione italiana dei “Manuali”.
Questi sono prodotti derivanti dal progetto europeo “Developing Competencies and Professional Standards for Health Promotion Capacity Building” (COMP-HP). COMP-HP finalizzato ad una ricerca per elaborare i criteri e standard di competenze per i professionisti del settore. Con tale progetto è stato inoltre definito un sistema di accreditamento di eccellenza (rivolto ai singoli professionisti e alla formazione loro destinata) articolate su un Piano Nazionale ed uno Europeo (versione originale su www.iuhpe.org). Nel seminario le relazioni introduttive sono state tenute da Margaret Barry, coordinatrice da Parigi dell’intero progetto e da Paolo Contu da Project Leader e vice presidente IUHPE per Capacity Building, Education and Training, che hanno illustrato i principi di base del progetto basato sulla Carta di Ottawa sulle competenze e i bisogni formativi degli operatori, sugli standard degli interventi di promozione della salute. I Manuali Comp HP utilizzano le ben note definizioni di salute, di promozione della salute e di azioni di promozione della salute. La salute è quindi lo “stato di completo benessere fisico, sociale e mentale e non soltanto l’assenza di malattia o infermità ed è inoltre concettualizzata come una risorsa per la vita quotidiana, che valorizza le risorse sociali e personali, come oltre alle capacità fisiche”.
La salute però è anche un valore, un bene fondamentale primario, un pre-requisito esistenziale, un bisogno primario dell’uomo (Cosmacini – Satolli 2004) ed è una forma di equilibrio derivante dall’adattamento continuo dell’uomo con il suo ambiente fisico, psicologico, sociale, economico e culturale (I. Illich 2005). E’ bene inoltre, tenere presente che la salute ha sempre due aspetti, infatti è sia una costante naturale che una variabile storica.
Come continuità naturale comporta una sostanziale invarianza biologica (continuità, ripetitività, ritmicità e regolarità delle funzioni) che rende gli uomini simili tra loro e i moderni simili ai loro antenati. La salute come variabile storica comporta invece una diversità culturale che rende diversi gli uomini tra di loro, una dissomiglianza non tanto biologica ma psicosociale e culturale. E’ opportuno inoltre considerare che tra salute e malattia non vi è una cesura netta, un meccanismo on-off, ma un certo continuum, una differenza di gradazione, in un certo senso vi è una coabitazione “una terra di nessuno o di tutti, manifesta come continuità biologica, ma che non esclude affatto, anzi include la discontinuità biografica, biologico sociale, tra l’essere sani e l’essere malati” (Cosmacini – Satolli 2004).
Queste ulteriori considerazioni ci consentono di meglio comprendere come la promozione della salute possa essere intesa come il processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla che non solo comprende un’azione di rafforzamento delle abilità e delle capacità individuali, ma anche azioni finalizzate al cambiamento delle condizioni sociali, ambientali ed economiche che hanno un impatto sulla salute. Le azioni di promozione della salute sono programmi, politiche e altri interventi organizzati che sono per loro natura responsabilizzanti, partecipativi, olistici, intersettoriali equi, sostenibili e multi strategici  e che sono finalizzati ad incrementare la salute e a ridurre le diseguaglianze di salute. I valori e i principi etici su cui si basano i Manuali Comp HP includono l’equità̀ e la giustizia sociale, il rispetto per l’autonomia e la scelta dei singoli e dei gruppi e le modalità di lavoro collaborative e consultive.
Il secondo evento, a cui abbiamo partecipato è la Consensus Conference promossa dall’ISS che si è svolta nel giugno scorso a Roma che ha prodotto le linee di indirizzo della medicina narrativa in ambito clinico assistenziale per le malattie rare e cronico degenerative. Gli esperti hanno decretato che con il termine Medicina Narrativa (mutuato dall'inglese Narrative based Medicine) si intende una metodologia di intervento clinico assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la co-costruzione di un percorso di cura personalizzato e condiviso (storia di cura). La definizione che preferiamo, derivata dalla letteratura internazionale è quella di Rita Charon “La Medicina Narrativa fortifica la pratica clinica con la competenza narrativa per riconoscere, assorbire, metabolizzare, interpretare ed essere sensibilizzati dalle storie della malattia: aiuta medici, infermieri, operatori sociali e terapisti a migliorare l’efficacia di cura attraverso lo sviluppo della capacità di attenzione, riflessioni, rappresentazione e affiliazione con i pazienti e i colleghi. Nella pratica clinica la Medicina Narrativa è quindi uno strumento per costruire insieme al paziente diagnosi e cure più appropriate, più personalizzate e quindi più efficaci perché si basano sulle evidenze derivanti dalla EBM e sulle conoscenze tratte dalle storie del singolo malato.
La promozione della salute invece gioca il suo ruolo nell’ambito della salute e della comunità e sembra quindi, in apparenza, avere pochi punti di contatto con la Medicina basata sulla narrazione. L’uno interviene in ambito della salute l’altra nella malattia. Abbiamo visto però che tra questi due concetti la discontinuità non sia totale e come nell’ambito della promozione della salute sia importante la consapevolezza, la responsabilizzazione e come sia decisiva la relazione tra pari per indurre comportamenti e stili di vita adeguati per un migliore adattamento. La responsabilizzazione e autonomia sono però altrettanto importanti e decisivi anche nello stato di malattia,
La teoria delle narrazioni e la NBM ci insegnano la potenza delle storie sia come strumento dei professionisti per facilitare comportamenti corretti della popolazione sia come mezzo per ascoltare la comunità e i suoi singoli e costruire di conseguenza piani di intervento più appropriati, più personalizzate sicuramente più efficaci.
Le narrazioni hanno una funzione “perlocutiva” (Austin 2009) quella cioè di produrre certi effetti su chi lo ascolta, esse rafforzano le comunità la condivisione di una storia costruisce senso di appartenenza e valori condivisi e questo produce risultati positivi nell’ambito della promozione della salute, le narrazioni hanno anche effetti di “ammaestramento”, ci insegnano qualcosa, esse hanno anche una forza normativa, dicono con esempi come ci si deve comportare, svolgono una funzione cognitiva permettono cioè di costruire modelli di interpretazione della e sulla realtà (P. Jedlowski 2000).
Funzioni tutte utili, applicabili nell’ambito dei progetti e programmi di promozione della salute, quindi un uso delle storie adeguato, dopo una formazione, può permettere un migliore ascolto della comunità e dei suoi componenti e diventare un mezzo per facilitare il raggiungimento degli obiettivi propri della Promozione della Salute con un coinvolgimento emotivo ed empatico della popolazione coinvolta nei programmi.

Stefania Polvani, Socia SIPS Delegazione Toscana

Nota: il contributo è stato scritto da
Stefania Polvani - Sociologa Direttore Educazione alla Salute ASL 10 Firenze
Paolo Trenta -  Sociologo Direttore Formazione Comunicazione Usl Umbria2
 
 
La medicina narrativa, un modello di governance clinica
Nelle ultime settimane ho iniziato a lavorare nell’ambito del governo clinico della mia ASL. Per conoscere il mio nuovo ambito di lavoro ho cominciato a fare ricerche bibliografiche sui database scientifici interrogandoli con le parole chiave clinical governance usciti nell’ultimo anno; sono stato subito attratto da uno in particolare: Narrative medicine, a model of clinical governance: the experience of the Local Health Authority of Florence in Italy, primo autore Stefani Polvani. Una socia SIPS!
Sapevo già che Stefania è tra le persone più autorevoli in Italia quando si parla di medicina narrativa, quindi non mi ha meravigliato leggere il suo nome.
L’articolo descrive dettagliatamente il modo in cui è stato creato un progetto e organizzata la medicina narrativa in alcuni reparti dell’Azienda Sanitaria Fiorentina e come questa sia diventata un modello di indagine per la clinical governance.
Di seguito vorrei enfatizzare due aspetti che mi hanno colpito nel tentativo di invogliare i soci alla lettura dell’articolo per intero.
La cosa che mi ha subito colpito è stata la capacità di analisi delle problematiche legate alla cattiva comunicazione/relazione, un tema caro all’HPH e in generale ad ogni progetto di promozione della salute in ospedale. La mia lunga esperienza in questo ambito mi ha sempre messo di fronte alla difficoltà di valutazione della comunicazione sanitario/paziente. Ridurre la comunicazione sanitaria a numeri, come spesso accade negli studi su questi argomenti, significa avere una serie di dati, importanti, ma abbastanza “sterili” (tempi di ascolto, durata delle pause, tipo di contatto oculare, frequenza delle interruzioni nelle varie categorie, ecc). Questo studio fornisce delle informazioni direttamente fruibili dal sanitario. Per esempio la lettura dei risultati ci mostra come il deficit comunicativo vada ad influire negativamente sulla comprensione delle istruzioni terapeutiche e sugli stili di vita (un campione di pazienti cardiologici).
L’aderenza terapeutica è, nelle malattie croniche, un problema molto attuale a genesi complessa, ma che certamente trova fra i suoi determinanti anche la comunicazione/relazione sanitario/paziente. Sappiamo dalla letteratura che i livelli di aderenza variano da malattia a malattia e da terapia a terapia (es. l’aderenza agli antiipertensivi è di circa il 50%, mentre l’aderenza ai trattamenti topici per malattie dermatologiche croniche si riduce a circa la metà). Mi sono chiesto se la medicina narrativa può essere uno strumento per migliorare l’aderenza al trattamento farmacologico nelle malattie croniche.
La seconda cosa che mi ha colpito è stata la capacità della metodologia di identificare le carenze organizzative e di fornire indicazioni utili a chi ha il compito di governare la complessità dei percorsi terapeutici. Certo ci sono vari strumenti di valutazione dei percorsi assistenziali. La medicina narrativa potrebbe essere uno strumento particolarmente sensibile e raffinato di valutazione partecipata.
Buona lettura.

Sergio Ardis – Segretario Nazionale Società Italiana per la Promozione della Salute
 
Polvani S., Mammucari M., Zuppiroli A., Bandini F. Milli M., Fioretto L., Sarmiento I., Biondi F., Trentanove F., Mechi T. Sarti A., Rosselli M., Matera M. and Giarelli G. Narrative medicine, a model of clinical governance: the experience of the Local Health Authority of Florence in Italy. Clinical Practice, Vol. 11, No. 5, Pages 493-499.
 

Documentazione e promozione della salute

Comunicazione e relazione.

Nell'ambito della professioni socio-sanitarie vi è la necessità di prendere in esame e di riflettere attentamente sugli aspetti che connotano l'incontro e la comprensione tra l'operatore e il paziente.

L'incontro di due persone è sempre incontro di sguardi, ma nello sguardo non può esserci soltanto lavoro di cervello, di conoscenza che raccoglie e cataloga dati, rivela costanti, esige e offre dimostrazioni e verifiche, fonda la scienza.

Pertanto a livello di cultura comunicativa e di dinamica relazionale è importante che tanto l'operatore che il paziente sappiano cogliere i segnali sintomatici di empatia e di disagio impliciti nelle parole che adoperano, negli atteggiamenti, nei comportamenti.

Anzitutto occorre capire che il calore relazionale e la rispondenza comunicativa si concretizzano, in particolar modo, nella tolleranza reciproca riguardo all'espressione dei sentimenti da parte della persona che comunica e da parte della persona che ascolta.

La prospettiva di reciprocità permette di focalizzare l'attenzione su un aspetto comunicativo che si tende a trascurare: l'importanza di saper cogliere il significato emotivo e poter comprendere tramite esso la comunicazione in atto. Per poter tollerare l'espressione dei sentimenti è infatti indispensabile riuscire a coglierli nella comunicazione. La competenza prioritaria nella comunicazione sta quindi nella capacità di ascoltare non tanto il significato razionale del messaggio verbale, quanto il significato profondo che ognuno esprime con le proprie parole. Un utile accorgimento in tal senso è quello di rimanere centrati nell'incontro più sulla sulla relazione che sulla comunicazione, cioè su “Cosa cosa sta provando l'altro”, piuttosto che su “ Che cosa sta dicendo”.

Tra gli effetti delle competenze comunicativo-relazionali vi è l'emergere a livello di cura e di salute di quella consapevolezza interiore che consente di dare una svolta significativa alle parole e ai comportamenti mettendo in primo piano l'attenzione alla soggettività delle persone, che è la chiave per riconoscere la singolarità dell'individuo e per interpretare la cultura attuale.

Bibliografia

Pascal B., Pensieri, Einaudi, Torino, 1962

E. Ducci, Essere e comunicare, Adriatica, Bari, 1974

Brancaccio F., Concolino D., La persona crocevia dei saperi, Tau, Todi (PG), 2012

AA.VV., Cervelli che parlano, Mondadori Bruno, Milano 2003


di Antonio De Angeli. Socio fondatore SIPS


Evidenziamoli

Abstract presentati che meritano maggiore attenzione

Insieme si puo: "vedere" la malattia con gli occhi di un bambino significa consapevolezza nel futuro cittadino adulto

Elio Garbarino1, Rita Medici2, Patrizia Paccagnella3, Tiziana Tassinari1, Patrizia Rizzuto1, 

1Ospedale Santa Corona, ASL2 Savonese, 2Circolo Didattico Albenga, 3Associazione Famiglie Malattia Alzheimer Ponente Savonese

e.garbarino@asl2.liguria.it


Il progetto ha lo scopo di far conoscere la malattia di Alzheimer ai bambini al fine di un approccio sereno, scevro da errori e pregiudizi nei confronti della malattia e a stimolare la sensibilità personale dei ragazzi avvicinandoli ad un mondo di persone anziane e malate, realtà molto lontana nella società contemporanea.

I ragazzi con un lavoro di riflessione sulle emozioni positive e negative (amore, compassione, tristezza, paura, isolamento) che coinvolgono chi è malato e chi ne viene a contatto, hanno permesso a queste realtà così differenti di avvicinarsi e dissipare il timore del diverso, attraverso la conoscenza.

Gli attori del progetto sono professionisti del settore pedagogico, in prima linea un’insegnante, l’Associazione Familiari Malattia Alzheimer, medici neurologi dell’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, 19 ragazzi della classe V A del Circolo di Albenga, a forte presenza multietnica e 15 anziani affetti da Alzheimer.

Il percorso di conoscenza è cominciato con la lettura da parte dell’insegnante di libri molto semplici su questa malattia, e con la realizzazione da parte dei ragazzi di cartelloni con le tappe evolutive della patologia.

È proseguito attraverso la ricerca di azioni di aiuto e di stimolo per gli anziani, giungendo quindi alla drammatizzazione di scenette per raccontare disagi ma anche “leggere” la malattia come un fantasy, un evento curioso e vitale. E’ stato inoltre organizzato un convegno in cui gli esperti erano i bambini, supportati dagli specialisti, la docente, la psicologa, l’ educatore di pet therapy ed il neurologo.

Presso la R.P. Trincheri di Albenga ogni 15 giorni al sabato dalle ore 15 alle ore 17, per sei mesi sono state svolte attività di laboratorio, attività motorie con semplici danze e di ascolto di musica ritmata. Molto rilevante l’esperienza d’interazione spontanea o guidata tra anziani, bambini e cani di piccola taglia.

Il progetto ha sviluppato maggiore sensibilità e disponibilità dei bambini ad ascoltare le esigenze ed i bisogni degli altri, a lavorare in gruppo come una squadra unita nel desiderio di condividere la gioia ed il sorriso.

Ai bambini è stato insegnato attraverso il rispetto verso gli animali e i loro bisogni, il significato dell’ascoltare l’altro, animale o persona che sia, riconoscendo e lavorando sulle proprie ed altrui emozioni.

Il riconoscimento della comunicazione non solo verbale, l’accettazione del diverso con le sue caratteristiche, il comunicare le proprie emozioni, la condivisione di iniziative con più associazioni di volontari sono state azioni che hanno portato al successo ed al raggiungimento del benessere relazionale del gruppo con gli anziani e del gruppo al suo interno.

I risultati raggiunti oltre al superamento dello stigma della malattia e della vecchiaia sono riassumibili nel raggiungimento di un clima sereno a scuola, nell’aumento della tolleranza nei confronti di compagni con caratteristiche relazionali difficili, nella prevenzione di episodi di aggressività e nello sviluppo dell’attitudine all’integrazione in una situazione di grosse differenze culturali ed etniche.

In ultimo ma sicuramente molto qualificante l’impegno volontario di ogni ragazzo all’attività del gruppo nel tempo libero con la condivisione delle famiglie.
 
Le foto del meeting di Matera sono su facebook
La promozione della salute e le disuguaglianze

Matera 11 ottobre 2014
Sala congressi Palace Hotel 
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