Individualità, individualismo, socialità, socia-lismo
La promozione della salute corre il rischio di rimanere una funzione tecnica se non riesce a cogliere la necessità di operare una lettura sociale e culturale della richiesta di salute. Un approccio fondato sul singolo individuo consente di promuovere una serie di comportamenti di per sé più che auspicabili: l’attenzione al corpo, il mantenersi in forma, mangiare sano, l’igiene personale, ecc.; tutti aspetti sacrosanti, ma che sembrano ignorare gli aspetti culturali legati all’immagine, e al posizionamento sociale. Mantenere l’attenzione sul benessere del singolo può condurre all’esaltazione dell’individuo, sino a sfociare nell’individualismo e nel narcisismo. La centralità che la forma esteriore ha nella società occidentale permette l’instaurarsi di atteggiamenti improntati all’esibizionismo; il corpo, legato com’è all’immediatezza dell’immagine, sembra assumere una rilevanza molto accentuata, ma è un corpo-involucro, senza sostanza, senza la concretezza degli umori, degli odori, del sentire, dei sommovimenti interiori del corpo. L’individualismo ed il narcisismo falsano ogni possibilità di una conoscenza effettiva dell’altro, di un incontro con l’alterità. Un’apparente sensualità prende il posto della naturale grazia, una crassa sessualità ostentata annulla ogni potere della mente. In un mondo cosiffatto, affamato di fama, nascono quelle che Renzo Carli definisce “neoemozioni”, la cui caratteristica principale è quella del “possesso”, il quale si sostituisce all’incontro effettivo ed affettivo con l’alterità e con l’estraneità. Il possesso si sostituisce altresì ai bisogni essenziali, promuovendo bisogni commerciabili. Il potente di turno può permettersi di comprare bellezza e persone, può permettersi di camuffare rughe e negare la vecchiaia, mentre un bel corpo può diventare una merce di scambio per avere successo senza alcuna competenza. L’individualismo come successo ed eccesso, il personaggio che prende il sopravvento sulla persona, il narcisismo che si sostituisce all’individualità. Tutto questo stravolge il concetto stesso del benessere quale connubio e armonia tra corpo e spirito, tra mente e corpo. L’altra faccia della medaglia della psicopatologia, all’opposto del narcisismo, è quello che Bion qualifica come socia-lismo: identificazione massificata acritica, il mito dell’uguaglianza che si fa uniformità ed uniforme, l’esercito nazista o maoista che marcia compatto negando l’individualità e la diversità. La gruppalità che si fa pensiero unico, che si alimenta di retorica e di nemici, che nelle sue espressioni di massa ha prodotto guerre, genocidi, sabati fascisti e grandi adunanze, mentre nelle sue espressioni criminali ha prodotto stupri, violenze, sopraffazioni, sette e razzismi. La promozione di salute ha la necessità di proporre modelli culturali fondati sulla ricerca di equilibrio e di connessioni mente-corpo che non trovano facilmente testimonianza. Abbiamo bisogno di ritagliare spazi di senso a fatica, perorando la causa della “mentalizzazione”, della consapevolezza, dell’etica della responsabilità, rispetto a modelli sociali forti e “vincenti”. Il “senso comune” riconosce alcuni stereotipi di salute che si affermano come vincenti, fortemente individuati, perfetti nei movimenti e nell’esteriorità. I modelli maggiormente legati alla salute hanno a che fare con i miti sportivi. Tutti noi abbiamo negli occhi l’ immagine di Usain Bolt o Federica Pellegrini, immagini di salute, corpi perfetti, scolpiti, macchine perfette per ottenere prestazioni estreme, in linea con il motto delle Olimpiadi moderne: citius, altius, fortis, più veloce, più in alto, più forte; un’inno alla competitività e all’individualità, con una specializzazione portata alle sue estreme conseguenze e che produce aberrazioni dopate (Lance Armstrong, Ben Johnson). Come promotori di salute abbiamo bisogno di proporre altri motti e altri contenuti che possano concretizzare la necessità di un equilibrio di salute legato agli aspetti mentali e fisici e che possano superare le difficoltà legate alle disfunzioni del corpo; vale a dire che gli aspetti di salute riguardano anche un corpo malato o impossibilitato, o semplicemente limitato per età e/o condizione. Alexander Langer aveva proposto un trittico che potremmo riprendere e valorizzare: lentius, profundis, soavius: lentamente, profondamente, soavemente.
Lucio Maciocia, psicologo, Presidente Delegazione Lazio e componente del Comitato Direttivo Società Italiana per la Promozione della Salute
Evidenziamoli
Abstract presentati che meritano maggiore attenzione
Valutazione di efficacia di azioni messe in atto contro la discriminazione in ambito sanitario: l’ospedale di Lucca.
Sergio Ardis 1,Moreno Marcucci 1, Michele De Gennaro 1, Antonella Vincenti 2, Lucia Corrieri Puliti 1, Leonardo Ghilarducci 1, Giuseppe Urbani 1
1 Azienda USL 2 – Lucca, 2 Azienda USL 1 – Massa
Le persone HIV positive, in ogni luogo del mondo, subiscono discriminazioni. Anche i sanitari, nello svolgimento delle attività assistenziali, possono mettere in atto comportamenti discriminatori nei loro confronti. Lo studio realizzato nell’Ospedale di Lucca, mediante un questionario somministrato prima e dopo aver messo in atto le azioni di prevenzione, rappresenta una valutazione di dieci anni di lavoro contro la discriminazione in sanità.
Obiettivo generale
Obiettivo dello studio è la valutazione dell’impatto di una serie di attività messe in atto per modificare l’attitudine dei sanitari nei confronti delle persone HIV positive e di prevenire la discriminazione.
Gruppo target
Personale sanitario dell’ospedale di Lucca.
Metodologia e azioni
Ripetizione di un’indagine sulle attitudini del personale nei confronti delle persone HIV positive dopo dieci anni con le seguenti attività:
il corso “Positivo scomodo”: 18 edizioni;
il libro “Positivo scomodo”: il manuale dle corso precedente pubblicato a stampa;
il film “Positivo scomodo”: un cortometraggio sulla prevenzione della discriminazione realizzato con il personale dell’ospedale;
le news del Comitato Etico: varie newsletter inviate al personale affrontavano l’argomento discriminazione;
il corso “La discriminazione all’epoca dell’AIDS”: quattro edizioni;
Risultati dellattività
In 10 domande su 14 abbiamo rilevato un cambiamento statisticamente significativo. In nove domande su dieci il cambiamento è avvenuto nella direzione attesa. Abbiamo evidenziato un notevole aumento del senso di sicurezza, un cambiamento nella direzione dell’adozione di comportamenti preventivi corretti e non discriminanti, una percezione della malattia meno problematica rispetto al passato,
Conclusioni
La ripetizione dello studio ha evidenziato un rilevante cambiamento nelle risposte al questionario, ripetuto dopo dieci anni di attività svolta per prevenire la discriminazione delle persone con HIV. I risultati pagano il lavoro ed il danaro investito in questo progetto, gratificando innanzitutto le decine e decine di persone che vi hanno preso parte.
Il persistere di percentuali di risposta non ancora in linea con le nostre attese ci esorta ad intraprendere nuove azioni.
La programmazione di un ulteriore livello di formazione deve includere comunque anche altre condizioni personali che ancora oggi purtroppo sono oggetto di discriminazione (razza, etnia, religione, orientamento sessuale, ecc.).
(Presentato alla XIV Conferenza Nazionale HPH - Trento 2011)