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Numero 30 dicembre 2014

 
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In questo numero
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Diritto al lavoro dignitoso e alla tutela della salute

In questi ultimi anni la crisi economica, che ha affetto l’intero globo, ha creato una sorta di “stato d’emergenza” in cui diritti che erano stati riconosciuti e acquisiti con fatica negli anni passati si sono trovati ad essere messi in discussione più che mai.
Le Istituzioni ad ogni livello, internazionale, europeo o nazionale hanno di fatto riconosciuto come fondamentale il diritto alla salute. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nonostante i suoi anni, riesce a racchiudere quelli che sono i benefici primari di base a cui ogni essere umano dovrebbe avere accesso, promuovendo che “Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia (...)”.
Il diritto alla salute è stato ribadito anche nel 2000 quando è stata proclamata la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea - CEDU - che ne fa menzione in ben due articoli: l’art. 32, è specificatamente indirizzato ai diritti dei bambini di avere un’educazione, vietando ogni forma di lavoro minorile (ogni tipo di lavoro svolto in età della scuola dell’obbligo) e a proteggere con particolari leggi la salute e la sicurezza dei giovani, tali da non intaccare il loro sviluppo fisico, mentale, morale o sociale. La CEDU all’art. 35 approfondisce la questione della tutela e la salute per tutti, dichiarando che nelle attività e nelle politiche europee deve essere “garantito un livello elevato di protezione della salute umana”.
Senza entrare nel merito di come le diverse nazioni implementino questi punti fondamentali della democrazia, dovremmo tenere sempre presente che questi punti dovrebbero essere fissi nella tutela di ogni essere umano, in quanto diritti non prescindibili dalla propria esistenza, ed è importante ricordare che queste leggi si rispecchiano in molti aspetti della nostra vita.
Nel 1999 il Direttore Generale dell’ILO, l’Organizzazione mondiale del Lavoro promossa dalle Nazioni Unite, Juan Somavia, ha presentato alla Conferenza Internazionale del Lavoro il Rapporto Decent Work (lavoro dignitoso) all’interno del quale afferma per la prima volta: “Oggi l’obiettivo primario dell’ILO è garantire che tutti gli uomini e le donne abbiano accesso ad un lavoro produttivo, in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana”.
Così per la prima volta si è iniziato a trovare la chiave per uno sviluppo migliore tra popoli attraverso il diritto al lavoro e a condizioni minime in dignità per tutti.
Il lavoro dignitoso è un concetto universale che si applica a qualsiasi categoria di lavoratori e pone in luce il ruolo chiave dell’occupazione, con la sua dimensione quantitativa (posti di lavoro creati) e qualitativa (condizioni di lavoro), nella determinazione delle condizioni di esistenza degli individui e nella lotta alla povertà e alla disuguaglianza.
A partire da questo momento sono iniziate una serie di attività all’interno di quella che è stata definita Agenda del lavoro dignitoso, un piano strutturato che vuole introdurre in tutto il mondo standard minimi di lavoro dignitoso e creare una globalizzazione sana, senza sfruttamento e discriminazioni.
Diverse le questioni che direttamente riguardano il diritto alla salute all’interno delle priorità che l’ILO si è prefissata, tra cui la lotta al lavoro minorile, salute e sicurezza sul luogo di lavoro, diritto di maternità e paternità.
La percezione di questi diritti cambia di Paese in Paese, cosí come cambia la tutela del lavoro e i suoi effetti che, indirettamente, si riflettono sulla famiglia.
Anche se l’Italia è ben avanti in determinate questioni rispetto ai Paesi in via di sviluppo, non si possono non considerare alcuni aspetti che possano manifestarsi con la riduzione di questi diritti. Spesso infatti in momenti di crisi economica ridurre benefici fondamentali è presentato come soluzione ai problemi economico-sociali.
Inoltre, in un mondo globalizzato come il nostro, sarebbe impossibile continuare a pensare che lo sviluppo degli altri Paesi nel mondo non possa essere di nostro interesse. Basti pensare ai flussi migratori che da sempre nella storia dell’uomo hanno visto essere umani spostarsi in Paesi dove poter avere accesso a pace e maggiori condizioni dignitose, ma anche alla delocalizzazione delle attività economiche che spesso sono logica di minor costo del lavoro e minori restrizioni da parte dei governi dei Paesi in cui si va a spostare l’attività produttiva.
La soluzione quindi non sembra quella di diminuire i propri diritti ma, al contrario, cercare di estendere a tutti almeno quegli standard minimi per una vita dignitosa, in cui il diritto a un lavoro entro determinate regole sia a beneficio dell’intera popolazione mondiale.
Raggiungere una stabilità familiare e uno sviluppo personale e veder garantite giustizia ed uguaglianza di genere sono la chiave per la lotta alla povertà, oltre ad essere un importante strumento per raggiungere uno sviluppo equo, inclusivo e sostenibile per tutti.
 
Mi piacerebbe che la gente riuscisse a vedere come lavorare in cooperazione con tutto il resto del mondo possa portare benefici per tutti ed evitare forme di povertà e sfruttamento.

Altre informazioni si possono trovare sui siti:
http://www.ilo.org/rome/ilo-cosa-fa/lavoro-dignitoso/lang--it/index.htm
http://www.lavorodignitoso.org


Lorenza Lo Sasso, Socia SIPS Delegazione Basilicata
 
Italian Environment and Health Youth Coalition

Durante il Meeting Nazionale della SIPS tenutosi a Siena lo scorso settembre ho avuto l’occasione di poter presentare la European Environment and Health Youth Coalition, della quale sono il coordinatore italiano.
La EEHYC è oggi una ONG europea in fase di creazione. E’ formata da un gruppo di giovani provenienti da più di 10 Paesi della regione europea WHO, impegnati a livello nazionale nell’ambito di salute e ambiente in associazioni, come singoli o in progetti che coinvolgono i giovani.
L’idea di supportare e legittimare la partecipazione dei giovani nei processi di policy decision-making in ambito di salute e ambiente, a livello nazionale ed europeo, ha iniziato a prendere corpo nel 2004 a Budapest durante la quarta conferenza ministeriale salute e ambiente, con l’adozione del piano CEHAPE (Children’s Environment and Health Action Plan for Europe) nel quale si decise di dar voce ai giovani in merito a questioni relative alla loro salute e all’ambiente.
Da quel momento si è sviluppato un network informale che ha potuto partecipare al Processo Europeo su Salute e Ambiente (EEHP - European Environment and Health Process) durante la quinta conferenza ministeriale salute e ambiente del 2010 a Parma. Proprio a Parma i Ministri di Salute e Ambiente hanno firmato una dichiarazione di impegni per supportare la partecipazione giovanile nei processi decisionali europei in questi ambiti (EEHP).
Nell’ottobre 2012 a Firenze si è tenuto, con il supporto del Settore Ricerca, Innovazione e Risorse Umane della Regione Toscana, il primo meeting della European Environment and Health Youth Coalition al quale hanno partecipato giovani rappresentanti nominati da 24 Stati della Regione Europea WHO. L'Assemblea ha eletto un “comitato organizzativo” (OG - Organizing Group) con mandato di preparare, entro un anno, tutto il necessario per la fondazione della Coalition. Questo comitato era composto da 7 giovani provenienti da altrettanti paesi della Regione Europea WHO ed io ho avuto l’onore di farne parte.
In base alle scelte di tipo strutturale e legale fu deciso di nominare un giovane delegato nazionale (NYC - National Youth Coordinator) in ognuno dei Paesi della Regione Europea WHO.
A novembre 2013 si è svolta la prima Assemblea Generale della EEHYC a cui hanno partecipato rappresentanti di 24 Paesi della Regione Europea WHO tra cui i 14 coordinatori nazionali.
Durante l’Assemblea, tra le altre cose, è stato eletto un consiglio direttivo con vari obbiettivi, tra cui quello di fondare legalmente la European Environment and Health Youth Coalition.
La Coalizione Europea di Giovani su Salute e Ambiente è oggi ufficialmente costituita come ONG.

La rete italiana

Adesso è necessario creare in Italia una rete di giovani che possa partecipare alle scelte politiche relative alla salute e all'ambiente e garantire la partecipazione alle scelte che riguardano il futuro dei giovani stessi.

E’ per questo che vi chiedo di informare ed invitare i ragazzi con cui lavorate e con cui sviluppate i vostri progetti di promozione della salute ad iscriversi alla pagina FB della Italian Environment and Health Youth Coalition iniziando così a formare la nostra rete italiana di giovani.

Marcello Pacitti – Socio SIPS, Delegazione Toscana
 

Il peer coaching negli studenti infemieri

Il peer coaching nasce per la prima volta nel 1980 da Beverly Showers e Bruce Joice, come strategia di crescita di uno staff. Ma il peer coaching precisamente, cos'è? Con il termine peer coaching andiamo ad indicare il supporto tra pari, ovvero sia coetanei che individui che stanno vivendo la stessa realtà. Nello studio condotto da Showers e Joice nel 1996, questo supporto viene definito come una relazione tra insegnanti basata sulla condivisione delle proprie esperienze, costruendo l'apprendimento sul trasferimento di esperienze, competenze ed impressioni. Questo aiuto reciproco consiste principalmente nel creare gruppi di due o tre persone che offrono supporto, feedback e incoraggiamenti, in modo da migliorare la propria gestione dello stress, il benessere psicologico, la fiducia in noi stessi e la propria soddisfazione in campo lavorativo.

Questo tipo di supporto ha largo uso in vari campi quali aziende e scuole, come per esempio all'interno del Department of Education nel Regno Unito. A tal proposito è bene fare una distinzione tra coaching e mentoring in quanto solo nel primo caso si crea un rapporto collaborativo con lo scopo di sviluppare e migliorare skills tramite feedback e tecniche riflessive in modo da promuovere motivazione, il raggiungimento degli obiettivi e migliorare la crescita personale in un contesto educativo. Soprattutto per quanto riguarda gli studenti, ci sono molte evidenze scientifiche che consentono di affermare che gli universitari sono soggetti a stress, disagio che è in largo aumento soprattutto negli ultimi anni. Ciò che provoca stress può essere dovuto a:
  • fonti accademiche come esami, prove in itinere, la tempistica e la necessità di organizzare lavoro, studio ed eventuale tirocinio;
  • fonti personali in cui rientrano tutte le emozioni individuali e gli aspetti soggettivi dello studente;
  • fonti cliniche, ovvero quelle fonti che vanno a caratterizzare gli studenti iscritti alla facoltà di Medicina e Chirurgia.

A tal proposito vorrei fare un approfondimento sugli universitari che hanno scelto di intraprendere il corso di laurea in Infermieristica. Questi sono sottoposti a uno stress psicologico scarsamente preso in considerazione, che non sono pronti per gestire e superare. Questo accade perché tale facoltà triennale registra numerose giovani matricole, immature e ignare della realtà complessa, caratterizzata da paura, sofferenza, ansia, dolore e molto spesso morte che devono vivere durante il loro tirocinio formativo. Mentre vivono queste esperienze non hanno occasione di confrontarsi con nessuno e c'è il rischio che quello che vivono all'interno delle mura ospedaliere accompagni loro anche all'interno del loro domicilio.

Questo accade perché gli infermieri, ai quali vengono affiancati, sono sormontati da una mole di lavoro e sono obbligati a dare delle precedenze: ecco quindi che il paziente preso in carico viene prima dello studente che sta vivendo per la prima volta un'esperienza negativa. La classe è per definizione un ambiente giudicante e competitivo che non consentente un dialogo formativo. Infine la relazione con i docenti è limitata: prima di tutto per la distanza intergenerazionale, inoltre lo studente, iscrivendosi all'università vuole affermare la propria autonomia e con difficoltà accetterà un eventuale aiuto da parte di un adulto che viene quindi visto come un ostacolo per il proprio futuro. Proprio per questo motivo ritengo che il peer coaching sia l'unico modo efficace per garantire un supporto e un confronto tra studenti. Garantendo un dialogo tra pari, basato sulla condivisione delle esperienze, delle emozioni e sul silenzio attivo è possibile promuovere l'autoconsapevolezza, la sicurezza e l'accurata gestione delle proprie reazioni emotive durante periodi stressanti in modo da garantire il benessere psicologico, necessario per svolgere al meglio la propria professione.

Angela Specchi – Socia SIPS, Delegazione Toscana

 

Documentazione e promozione della salute

Adulti e giovani

I giovani hanno bisogno di avvertire la passione e il coinvolgimento degli adulti per cogliere il senso e i valori della loro vita personale e sociale. Il dialogo e la complementarietà tra giovani e adulti apre alla cultura dell'incontro, del confronto, dello scambio, della crescita comune come segni di rispetto e di dedizione reciproca.

Tra le fonti più accreditate di informazione sembra che i giovani collochino ai primi posti i genitori e gli insegnanti, la famiglia e la scuola, e ciò nonostante siano presenti notevoli difficoltà, incomprensioni, silenzi a livello di comunicazione e di relazione. Gli adulti condividono con i giovani la responsabilità di tradurre in domande esistenziali le esperienze, le azioni, le emozioni, i sentimenti, i pensieri che abitano le menti degli uni e degli altri. Esistere significa agire in un'ottica integrativa nella convinzione che proprio tale dinamica relazionale sia salutare e intimamente connessa alla possibilità di scoprire il senso dell'esistere, oltrepassando il proprio sé nell'incontro con l'altro.


Bibliografia

Frankl V.E., Homo patiens. Soffrire con dignità, Queriniana, Brescia, 1998

Stein E., La struttura della persona umana, Città Nuova, Roma, 2000

Bauman Z., Vita liquida, Laterza, Roma-Bari, 2006

Farneti P, Savelli L., La mente imitativa – Come e perché il nostro comportamento è influenzato dagli altri, Franco Angeli, Milano, 2013

Arioli A., Questa adolescenza ti sarà utile – Ricerca di senso come risorsa per la vita, Franco Angeli, Milano, 2013   


di Antonio De Angeli. Socio fondatore SIPS


Evidenziamoli

Abstract presentati che meritano maggiore attenzione

Oltre le nuvole

Chiara Bicchi1, Giulia Malloggi1, Angela Specchi1, Irene Del Carlo1, Giacomo Marchetti 1, Moreno Marcucci 2, Sergio Ardis1, 2

1Università degli Studi di Pisa polo didattico formativo Santa Maria a Colle-Lucca, 2ASL 2 Lucca

chiara.91b@hotmail.it


Analisi del contesto

La formazione dei giovani in sanità espone gli studenti a uno stress psicologico dovuto al confronto con la sofferenza e con la morte, argomenti presi solitamente in scarsa considerazione.

Gli studenti di infermieristica, rispetto agli altri sono particolarmente esposti. Il tirocinio pratico li obbliga sin dal primo anno a confrontarsi con la morte dei pazienti assistiti. Le possibilità di parlare di questo evento, nel momento in cui si verifica, sono decisamente scarse perché gli infermieri nei reparti sono estremamente impegnati dai carichi di lavoro sempre maggiori che lasciano sempre meno spazio alle relazioni con gli altri, compresi gli studenti. La classe non è un luogo adeguato di confronto in quanto è un ambiente giudicante e competitivo. Al di là delle capacità cognitive, per svolgere il futuro lavoro di infermiere è necessario anche sapersi confrontare con la morte, con il dolore e la sofferenza, così come tollerare la vista del sangue e di quanto altro di repellente può incontrare il giovane studente. Mettere in discussione queste abilità significa mettere in dubbio la possibilità di successo negli studi. Inoltre la relazione con i docenti è limitata dalle distanze generazionali. Gli studenti in genere sono poco più che adolescenti, quindi ancora in balia delle dinamiche di contrapposizione con gli adulti per la ricerca di autonomia. Per questi motivi è nato un progetto che impegna un gruppo di ragazzi del terzo anno per fornire supporto a chi inizia a confrontarsi con morte e sofferenza durante il tirocinio.

Obiettivo del progetto

Fornire ascolto e supporto a chi inizia il tirocinio in un ambiente accogliente e non giudicante per favorire i processi di empowerment mirati al benessere degli studenti.

Azioni

Formazione. Gli studenti partecipanti al progetto hanno seguito il seminario “Comunicazione etica in medicina” tenuto presso il Polo didattico di Lucca dal Prof. Sergio Ardis. Successivamente hanno chiesto allo stesso e al Dr. Moreno Marcucci (autorevole esperto della materia) di sostenere il gruppo con ulteriore formazione e con il monitoraggio delle attività e supervisione. La formazione, informale, ha toccato vari argomenti: la morte, il morire, il lutto, la comunicazione verbale e non verbale e la relazione di aiuto.

Durante la formazione gli studenti hanno potuto confrontarsi sulle proprie esperienze luttuose e sul proprio vissuto nei reparti ricordando e condividendo i momenti di tirocinio più difficili che maggiormente li avevano messi alla prova.

Successivamente gli studenti del gruppo hanno chiesto alla scuola di poter incontrare gli studenti del primo e del secondo anno per presentare il progetto ed iniziare a lavorare con i colleghi. La presentazione del gruppo è avvenuta in un “circle time” molto partecipato. Sia gli studenti del primo che del secondo anno sono stati protagonisti della discussione ed alcuni hanno potuto raccontare, in un clima facilitante, i propri vissuti durante i tirocini in reparto.

E’ stato attivato uno “sportello di ascolto” tra pari. A seguito di questi primi due incontri alcuni studenti hanno aderito all’offerta di un colloquio individuale con i componenti del gruppo (due componenti per volta). Al momento lo sportello è attivo. Circa il 30% degli studenti dei primi due anni si è rivolto allo sportello per questo primo colloquio.

I componenti del gruppo hanno reso pubblici (volantini e biglietti da visita del gruppo) i numeri di cellulare. Ciò ha dato la possibilità ad alcuni studenti di rivolgersi per consigli ai componenti del gruppo tramite i vari social network.

Si tratta di un’esperienza sperimentale che tenta di aumentare il benessere dei singoli studenti come del gruppo classe, in un momento di difficoltà della vita misconosciuto o talvolta ignorato.

La salute degli studenti è responsabilità delle istituzioni formative, ma anche di ognuno di noi.
 
Regolamento “Gruppo Giovani della Società Italiana per la Promozione della Salute”.

 
  1. Il Gruppo Giovani della Società Italiana per la Promozione della Salute è costituito dai soci con età inferiore a 35 anni. Le attività del gruppo giovani sono stabilite dal presente regolamento.
     
  2. Ogni socio SIPS di età inferiore a 35 anni fa automaticamente parte del Gruppo Giovani.
     
  3. Il Direttivo nomina 5 membri componenti del coordinamento nazionale e designa tra loro il coordinatore nazionale del Gruppo Giovani Società Italiana per la Promozione della Salute.
     
  4. Il gruppo giovani in accordo con gli obiettivi statutari della SIPS propone attività di studio, culturali e di ricerca inerenti gli scopi statutari della SIPS.
     
  5. Le attività proposte dal gruppo giovani devono essere ratificate dal Comitato Direttivo Nazionale che dispone ove possibile gli eventuali finanziamenti necessari alla loro realizzazione.
     
  6. Il coordinamento del Gruppo Giovani si impegna a produrre mensilmente un contributo sulle tematiche di promozione della salute relative alla popolazione più giovane per la newsletter garantendo la visibilità del Gruppo Giovani.
     
  7. Il Gruppo Giovani può partecipare, con i suoi componenti, a iniziative nazionali e internazionali di giovani impegnati nella promozione della salute o che comunque svolgono attività concordi con i fini statutari della SIPS.
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